Si è spento all’età di 91 anni il compagno Michele Russo, storico esponente del socialismo siciliano, già deputato regionale per il Partito Socialista Italiano dalla II alla V legislatura e per il Partito Socialista Italiano d’Unità Proletaria nella VI, sempre eletto nel collegio di Enna. Dottore in filosofia e in lettere e docente nelle scuole, durante la lotta antifascista fece parte del Comitato di Liberazione Nazionale di Caltanissetta. Impegnato nel sindacato, è stato cosegretario della Confederterra, segretario socialista della Camera del Lavoro di Enna, segretario provinciale ad Enna e poi regionale della Federterra, nonché segretario regionale della Cgil e componente del consiglio direttivo nazionale della Confederazione che ebbe tra i suoi leader Bruno Buozzi. Ha fatto parte della segreteria regionale e del comitato centrale del Psi ed è stato segretario della Federazione provinciale del Psi di Enna nonché consigliere comunale socialista nella città capoluogo della Sicilia centro-orientale. All’Assemblea regionale siciliana è stato vice presidente del gruppo parlamentare socialista e poi presidente del gruppo parlamentare del Psiup nella V legislatura. Ha fatto parte della II Commissione legislativa permanente e della Giunta del bilancio, dalla III alla V legislatura, presidendo la stella nella IV. In quest’ultima legislatura è stato anche assessore regionale supplente all’Agricoltura nel XV governo. Nella V legislatura ha presieduto la I Commissione legislativa permanente ed ha fatto parte della Commissione per le celebrazioni del ventesimo anniversario dell’Autonomia regionale. Ha fondato con Giuseppe Avolio e Renato Ognibene la Conficoltivatori, concludendo poi il suo impegno politico e militante come dirigente regionale della Confederazione Italiana Agricoltori (Cia).
Impegno referendario dei socialisti
Nella prospettiva di contribuire al processo di ristrutturazione della Sinistra in Sicilia, da rifondare in una posizione di alternativa all’attuale governo siciliano, il Partito Socialista Siciliano ha avviato dei contatti con “Possibile”, la formazione fondata da Pippo Civati e rappresentata in Sicilia dalla compagna Valentina Spata. Dal colloquio è emersa una particolare sintonia di vedute per quanto riguarda il giudizio sulle «politiche messe in campo dal governo Renzi, le quali come soluzione alla crisi hanno prodotto solo tagli ai diritti e alle tutele dei lavoratori e del territorio». Relativamente, inoltre, alla situazione del governo della Regione Sicilia, si è convenuto nell’affermare che l’unica soluzione possibile per uscire dalla profonda crisi amministrativa, economica ed occupazionale addebitata alla imperizia ed incapacità del governo Crocetta, sia quella di chiamare il popolo siciliano alle urne, auspicnado che i siciliani possano determinare una netta discontinuità tanto rispetto alla maggioranza attuale, quanto rispetto al centro-destra consociativo.
Il Partito Socialista Siciliano si è dichiarato disponibile a sostenere i referendum promossi da “Possibile”, riconoscendo la necessità di chiamare i cittadini ad esprimersi su alcune leggi particolarmente impopolari nel Paese. Di seguito i quesiti referendari:
1°) eliminazione dei capilista bloccati e delle candidature plurime. Se si ammette il voto di preferenza per gli altri candidati, superando così le perplessità che questo crea, è irrazionale escluderlo poi per i capilista, creando due tipologie di candidati. Contestualmente si elimina la possibilità di candidarsi in più (dieci) collegi prevista, appunto, per i soli capolista;
2°) eliminazione della legge elettorale con premio di maggioranza, capilista bloccati e candidature plurime;
3°) eliminazione delle trivellazioni in mare;
4°) eliminazione del carattere strategico delle trivellazioni;
5°) superamento della politica delle “Grandi opere”, espressione di una visione datata e latrice di corruzione;
6°) eliminazione della possibilità di demansionamento, anche per mera organizzazione aziendale, togliendo tutele alle lavoratrici e ai lavoratori;
7°) eliminazione della nuova normativa sui licenziamenti per assicurare uguali protezioni in merito a vecchi e nuovi assunti;
8°) eliminazione del potere di chiamata del preside-manager per evitare la precarizzazione progressiva di tutti i docenti nominati a tempo indeterminato, sopprimendo il potere di scelta del dirigente scolastico e l’incarico triennale.
I colloqui riprenderanno dopo la pausa agostana e dopo la riunione della direzione regionale del PSS, prevista ad ottobre.
Solidarietà del PSS a Lucia Borsellino
Il Partito Socialista Siciliano esprime piena solidarietà a Lucia Borsellino per le pressioni da lei subite e per il clima poco salubre da lei riscontrato nel governo regionale, circostanze che hanno determinato le sue dimissioni da assessore.
Il PSS ritiene che sia venuto il momento di chiamare il popolo siciliano alle urne per dotarsi di un governo con un diverso senso delle istituzioni e del ridicolo.
Documento approvato il 21 maggio
Giorno 21 maggio 2015, a Palermo, presso le ex Scuderie di Palazzo Cefalà in via Alloro n°99, si è tenuta l’assemblea regionale del Partito Socialista Siciliano per un esame della situazione politica regionale. Con l’occasione sono stati ricordati i 120 anni del congresso dei Fasci Siciliani, da cui è nato il Partito Socialista Siciliano. Alla fine del dibattito, è stato approvato il documento di seguito pubblicato.
La crisi economica e finanziaria, che ha colpito il mondo occidentale l’Europa ed il nostro Paese, si abbatte sulla nostra Regione con maggiore virulenza visti i mali atavici che caratterizzano la Sicilia, aggravando ancora più le già preoccupanti condizioni di difficoltà e di disagio della nostra popolazione. Lo scontro in atto in Europa tra quanti vogliono portare avanti una politica a vantaggio degli interessi delle banche e dei mercati finanziari, causando licenziamenti di massa ed aumentando i livelli di povertà delle fasce più deboli della società, e quanti sostengono una politica di sviluppo, di occupazione, di difesa dello stato sociale e dei più deboli ampliando la base produttiva e tagliando i privilegi delle varie caste, grazie all’acquiescenza del Presidente del Consiglio, vede perdenti questi ultimi. Le forze europee della conservazione da tempo portano un attacco alle zone deboli dell’unione che tendono a divenire sempre più deboli e marginali.
È necessario, di conseguenza e per quanto ci riguarda, fermare il processo di marginalizzazione della Sicilia e di impoverimento delle sue popolazioni, mettendo in campo tutte le energie capaci di sensibilizzare le forze sane e produttive dell’isola per affermare con dignità un ruolo di centralità economica e politica in ambito italiano ed europeo. Occorre rilanciare, pertanto, la nostra presenza strategica nel Mediterraneo, forte della sua Storia, delle sue tradizioni, delle sue ricchezze naturali paesaggistiche, del suo ingente patrimonio culturale essendo uno tra i più grandi bacini di beni culturali in grado di produrre una inversione di tendenza dal punto di vista economico utilizzando in pieno lo Statuto Speciale Siciliano valorizzando la Autonomia Regionale non più come palla di piombo al piede bensì come grande opportunità di sviluppo e di crescita economica e sociale della nostra terra.
Il Partito Democratico ed il presidente Rosario Crocetta hanno disatteso le speranze di rinascita della Sicilia. È, infatti, di una lapalissiana chiarezza il disfacimento politico, culturale, programmatico del PD in Sicilia, ridottosi ad una babele di gruppi e sottogruppi, i cui esponenti pensano soltanto a rafforzare le proprie posizioni personali utilizzando i vecchi e collaudati sistemi clientelari di democristiana memoria, non curanti delle conseguenze etico morali e giudiziarie, in balia di delirio di onnipotenza. I dirigenti del PD siciliano fanno parte, ormai, della corte di un uomo solo al comando, personificato dal loro Segretario Nazionale impegnato nella costruzione del Partito della Nazione. La volontà del leader viene imposta, attraverso i suoi fedeli sodali, nella gestione politica ed amministrativa della Regione Sicilia. Appropriazione di risorse economiche spettanti alla regione, in violazione dello Statuto Autonomistico, boiardi romani inseriti nella Giunta Regionale, Commissari per la gestione di settori, tagli nei finanziamenti di opere infrastrutturali e dei collegamenti viari sono alcune delle deprecabili “attenzioni” da parte del Governo nazionale nei confronti della nostra isola.
In Sicilia, abbiamo avuto ed abbiamo ancora, un governo regionale che non difende i diritti derivanti dallo Statuto Autonomistico, che si è lasciato carpire dal governo centrale, e si lascia rubare i fondi e le entrate che spettano di diritto alla regione siciliana. Una regione che registra oltre il 50 per cento di giovani disoccupati, che ha famiglie che non arrivano, con le loro entrate mensili, alla fine del mese, che conta un numero elevato di precari i quali non sanno quale sarà il loro futuro, che vede, impotente, la chiusura di aziende e botteghe artigiane, che non hanno gli strumenti di come affrontare il domani.
La Sicilia ha un urgente bisogno, quindi, di una classe dirigente capace, colta, professionalmente preparata in grado di intestarsi una politica riformista di reale cambiamento che coniughi efficienza, efficacia, legalità. Una classe dirigente autonoma e non succube dei diktat romani. Una classe dirigente che sappia utilizzare l’importante strumento in grado di promuovere sviluppo, crescita, occupazione qualificata, che è rappresentato dai finanziamenti europei.
Una seria politica di investimenti deve avere come asse centrale di riferimento la realizzazione di una rete viaria interna che colleghi in modo veloce non solo le città ma anche l’interno dell’isola con la costa, nonché i centri abitativi da occidente ad oriente, da nord a sud.
La Sicilia è, come purtroppo sappiamo, una regione ad alto rischio sia dal punto di vista sismico che del dissesto ambientale territoriale. Una politica di prevenzione oggi non esiste, il settore della bonifica e della forestazione è visto come strumento assistenziale – se non clientelare – per garantire lavoro periodico ai braccianti ed ai forestali: con siffatta determinazione episodica si commette un grossolano errore perché non si attenzionano i danni che questi lavoratori eviterebbero con il loro lavoro, impegnato specializzato e continuativo, al nostro territorio, alle popolazioni ed alle casse della Regione. Bisogna aggredire, quindi, le storture a monte causate dalle scelte di bilancio che non sono mai in linea con i tempi della programmazione dei lavori; nello specifico, bisogna dare vita a progetti come fattore di difesa e salvaguardia del territorio e occasione di nuova e qualificata occupazione.
Il Turismo oggi non è per niente un fattore di sviluppo economico della Regione. Primo, perché le scelte degli operatori del settore sono vecchie ed improntate più alla speculazione sui prezzi praticati ai clienti anziché a scelte di qualità: vedi itinerari turistici o proposte complete di utilizzo delle ricchezze paesaggistiche del territorio che esaltano la storia della Sicilia in tutt’uno con la conoscenza del patrimonio artistico e culturale presente in tutti i centri significativi che rappresentano il nostro vissuto, insieme a ciò che la natura ci offre: il mare, le nostre montagne con i loro magnifici borghi e le iniziative culturali ed eno-gastronomiche, nonché le presenze artigianali. Il loro insieme costituiscono le eccellenze siciliane. È necessario cambiare “verso” per rendere il turismo regionale competitivo e appetibile in quanto la Sicilia è diversamente più bella rispetto ad altri poli turistici del nord Italia, laddove, però, le peculiarità vengono sfruttate al meglio per attrarre il flusso turistico, fonte di economia.
Una sintetica lista delle necessità irrisolte della nostra regione vede l’emergenza lavoro, come prioritaria; infatti, addentrandosi nelle pieghe del bilancio della Regione Siciliana, non si vedono risposte allo sviluppo produttivo dell’isola perché una massa di debiti di svariati miliardi vieta qualsiasi progetto che impedisca, tra l’altro, l’emorragia di menti e braccia di lavoro. Eppure, per risolvere in parte gli annosi problemi dei siciliani, sarebbe stato sufficiente applicare letteralmente lo Statuto autonomistico, pretendendone, altresì, il rispetto, da parte del governo centrale, delle norme “privilegiate” per incrementare le entrate della Regione attraverso ciò che il territorio produce e che dovrebbe rimanere statutariamente nella cassa regionale. Ma così non è stato, e non lo é. Le colpe? Senz’altro di una classe politica dirigente che, da decenni, ha governato la nostra regione.
In atto, due emergenze stanno mettendo a terra il nostro territorio insulare.
Il crollo del tratto dell’autostrada Palermo-Catania, che ha prodotto danni incalcolabili alla popolazione costretta a usufruire di quell’arteria, ha messo a nudo le insufficienze e la responsabilità a carico di ciascun organo di governo e di controllo delle strade. Alla luce di questo vissuto, il Partito Socialista Siciliano ritiene indispensabile la nomina d un Alto Commissario per superare gli ostacoli frapposti dalla normativa vigente e dalla burocrazia, regionale e nazionale.
Contestualmente, per la realizzazione, in tempi brevi, della bretella di congiungimento all’arteria interrotta sarebbe appropriato affidare i lavori al Genio Militare. E ciò per impedire lungaggini di gare di appalto ed ingerenze… poco trasparenti.
Ed ancora, attraverso lo stato di calamità, dichiarato dal governo regionale, occorre eliminare urgentemente l’insufficienza del collegamento viario e ferroviario esistente tra nord e sud, tra est ed ovest dell’Isola.
Si può fare, però, ancora di più. È possibile, secondo le normative vigenti, dichiarare “Zona franca” tutto il territorio isolano evidenziando il collasso dell’economia, le complesse precarietà e disagi, nonché i danni socio-economici inferti alla popolazione. Molteplici sarebbero i vantaggi che ne deriverebbero. Per citarne solo due, a mò di esmpio, vi sarebbe la possibilità di rimuovere il pagamento del pedaggio autostradale sulla Palermo-Messina e sulla Messina-Catania e, contestualmente, di abbassare l’accise sui carburanti per una loro diminuzione del prezzo alla vendita presso i distributori. Va da sé che questi due indilazionabili provvedimenti bloccherebbero l’aumento dei prodotti al dettaglio affidati alla distribuzione su gomma. Di cui già s’incominciano a subire gli effetti deleteri per il consumatore.
Il Partito Socialista Siciliano, infine ma non per ultimo, pone la necessità, nella nostra regione, del rilancio della Autonomia e dello Statuto siciliano alla luce oltretutto del risvegliarsi da più parti di istanze e rivendicazioni autonomistiche. Anche in questo caso, il PSS ribadisce l’esigenza di un confronto con tutte le numerose forze autonomiste e sicilianiste esistenti nella nostra regione per ricondurre ad una sintesi unitaria le loro aspirazioni e le loro rivendicazioni nella riproposizione e nel rilancio dell’istituto autonomistico regionale e della identità del popolo siciliano.
Noi, socialisti siciliani, siamo solidali con i lavoratori che hanno perso o stanno per perdere il posto di lavoro, siamo con loro nel momento in cui scendono in piazza per rivendicare i propri diritti, un tozzo di pane quotidiano, siamo con loro nel momento in cui subiscono le cariche ingiuste delle forze di polizia. Siamo accanto ai cassaintegrati, ai cosiddetti esodati ed ai lavoratori che rischiano il licenziamento perché ritenuti in esubero rispetto alla pianta organica aziendale.
Sentiamo, altresì, il dovere di rivolgere il nostro pensiero commosso, un pensiero di umana solidarietà, un pensiero di dolore a coloro i quali hanno perso la vita, hanno messo fine alla propria esistenza di fronte all’impossibilità di affrontare la drammatica situazione economica familiare o della propria azienda oppure la disperata condizione di non potere pagare la massa di debiti, a qualunque titolo, derivanti dal vortice della crisi economica.
Noi socialisti siciliani non possiamo accettare che si perpetuino le condizioni di dolore umano vissuto dal quasi ottanta per cento della popolazione italiana mentre il restante venti per cento ingrassi il proprio patrimonio perché il programma economico del governo e dell’Europa è dettato da questa percentuale, minoritaria ma con un forte potere. È l’ora che il povero Pantaleone soltanto non paghi pesantemente la crisi in atto, il cui tunnel non vede ancora la luce. Non s’intravvede un barlume di speranza che la tendenza deflazionistica possa essere invertita perché sin quando la tedesca Merkel ricatterà l’Unione Europea e continuerà a dettare i diktat di austerità, l’Italia, con un capo di governo populista ma che razzola male, continuerà a subire le imposizioni dell’autorità europea.
Non rimane altro a noi socialisti che chiamare all’appello tutte le forze pure e riformistiche affinchè si facciano protagoniste di un processo rivoluzionario, nel senso democratico del cambiamento, affinchè la giustizia sociale possa tornare ad avere titolo nel nostro Paese e nella nostra terra siciliana.
Per quanto ci riguarda, come socialisti siciliani, invitiamo le varie anime socialiste e socialdemocratiche siciliane affinchè abbia termine la diaspora che ci vede divisi in gruppi e gruppuscoli ed insieme si possano affrontare i bisogni e le aspettative della nostra gente. Ciascuno di noi dovrà rinunciare ad una parte del proprio bagaglio ideologico affinchè l’unico cemento unificante possa essere il perseguimento – ripetiamo – della giustizia sociale e della solidarietà.
Riteniamo ineludibile, quindi, l’urgente costituzione di una rete di coordinamento della sinistra, che veda insieme partiti a sinistra del PD, associazioni e gruppi politici, nonché movimenti autonomistici per una attiva presenza tra le classi sociali siciliane attraverso la elaborazione di programmi e di piattaforme tematiche che riguardino gli interessi collettivi della popolazione, che attenzioni i giovani, i disoccupati, le famiglie, le variegate presenze produttive e che porti avanti l’applicazione integrale dello Statuto Autonomistico della Sicilia.
Il costituendo organismo collegiale dovrà essere il più possibile includente, in modo tale da non essere di ostacolo all’aggregazione di chiunque voglia partecipare a questo impegno collettivo e lasci liberi i partecipanti di continuare ad esternare i propri principi politici ma impegnandosi per una elaborazione progettuale che individui i punti comuni di una azione collettiva e ne rispettino i contenuti che saranno deliberati.
La nostra proposta è quella che, nella fase costituente, l’organo di direzione potrebbe assumere la denominazione di Coordinamento regionale formato da due o tre rappresentanti di ciascun organismo associativo partecipante al patto federativo. Il quale, in breve tempo, dovrebbe indire un apposito congresso regionale o conferenza di organizzazione, per la approvazione definitiva del nuovo organismo politico, congiuntamente al programma politico ed organizzativo. Potrà essere ammessa la doppia tessera: quella del nuovo organismo unitario assieme a quella dell’organizzazione politica di appartenenza.
Non c’è chi non veda l’esigenza di una voce unitaria della sinistra nel panorama sociale e politico della regione: una voce isolana che parli alla gente attraverso proposte che guardino ai bisogni di una terra con esigenze diverse rispetto al resto dell’Italia, un organismo politico siciliano che faccia sentire la sua voce affinchè lo Statuto Autonomistico venga applicato; un socialismo che torni alle sue origini di riformismo e di impegno per le battaglie sociali; un patto sociale che difenda le classi deboli e che sia accanto alle giovani generazioni soprattutto, le quali, in Sicilia, hanno toccato, come detto, l’apice del cinquanta per cento della disoccupazione; un socialismo, la cui azione prenda le distanze dall’appiattimento ideologico dei partiti che si proclamano “progressisti”; un socialismo , diversamente autonomo, che porti avanti la “ questione siciliana”, che è peculiare di questa terra, la quale dall’unità d’Italia in poi è stata ghettizzata perchè considerata terra di conquista e , quindi, alla stessa stregua di una colonia.
Nemmeno durante la dominazione araba la Sicilia ha conosciuto un periodo così buio. Anzi, tutt’altro!
È imprescindibile, quindi, che noi, della sinistra siciliana ci rimbocchiamo le maniche per federarci in un organismo di lotta e di proposta per il governo della Sicilia.
È il momento di partire. Ora e subito, per uscire dal “feudalesimo politico” decennale della Sicilia.
Convegno per i 122 anni del PSS
Giovedì 21 maggio a Palermo presso le ex Scuderie di Palazzo Cefalà in via Alloro n°99 si terrà un’assemblea regionale del Partito Socialista Siciliano per il tesseramento ed il rilancio del PSS. Nell’occasione saranno ricordati i 122 anni del congresso dei Fasci Siciliani, da cui nacque il Partito Socialista Siciliano: interverranno i compagni Franco Gioia, Ignazio Coppola, Pippo Oddo, Placido Rizzotto, Antonio Matasso e Turi Lombardo. Vi raccomandiamo di essere presenti, anche perché in quella sede decideremo insieme le prossime iniziative dal PSS.
Buon Primo maggio
La segreteria regionale del Partito Socialista Siciliano augura buon Primo maggio a tutti i compagni e le compagne, a tutti i lavoratori e le lavoratrici!
Autonomia mai esistita: Sicilia colonia
Pubblichiamo un contributo del compagno Riccardo Gueci, componente della segreteria regionale del Partito Socialista Siciliano. È tempo di tirare un bilancio storico sui tre appuntamenti di primavera: 25 Aprile, 1 Maggio e festa dell’Autonomia siciliana. Per sottolineare che l’Isola, secondo il compagno Gueci, è sempre stata una colonia.
In Sicilia tre festività di primavera segnano la rinascita italiana dalla fine del ventennio fascista: il 25 Aprile (festa della liberazione), la festa dei lavoratori l’1 Maggio e la ricorrenza dello Statuto Autonomistico regionale siciliano.
Sulla festa della liberazione nessuno ha nulla da eccepire, perché essa fu, unitamente alla Costituzione repubblicana, una conquista di popolo e delle sue organizzazioni militari, le brigate partigiane. La festa del lavoro presenta luci ed ombre. Non nel senso del suo valore etico, bensì sul versante fattuale. Proviamo a illustrare il perché.
Un’imprenditoria locale in Sicilia non è mai nata perché soffocata, condizionata o foraggiata dalla mafia a fini di riciclaggio finanziario. In qualche misura ha svolto un ruolo di supplenza l’impresa pubblica nazionale che ha insediato i propri impianti secondo proprie condizioni e convenienze, provocando – al solo costo dei salari e di qualche servizio locale, anch’esso spesso d’interesse mafioso – inquinamento territoriale e costiero.
Un altro condizionamento è rappresentato dalle lobby che nelle università, nella pubblica amministrazione e nella giustizia fanno il bello ed il cattivo tempo, talvolta non disegnando contatti con la mafia siciliana.
Tra le ombre cui abbiamo appena accennato ve n’è una addirittura tenebrosa: la festa dl lavoro dell’1 Maggio 1947, celebrata massicciamente da lavoratori, contadini, artigiana con le loro famiglie nella piana di Portella delle Ginestre, località dislocata tra Piana degli Albanesi e San Giuseppe Jato, dove il popolo riunito festeggiava la vittoria elettorale della Sinistra (lista Blocco del Popolo) in occasione della prima elezione del Parlamento autonomista siciliano. Una festa finita nel sangue.
Le ragioni della strage di Portella sono state esaminate in volumi, film, inchieste parlamentari, indagini e processi giudiziari senza mai riuscire a cogliere il vero messaggio che quell’eccidio ha voluto inviare al popolo siciliano. Sono state attribuite le responsabilità a Salvatore Giuliano, il bandito di Montelepre sostenuto da forze indefinite; è stata chiamata in causa la mafia e tutto l’universo delinquenziale. Ma mai i veri mandanti,, ovvero gli americani. Perché il popolo siciliano con quella festa avrebbe posto un precedente preciso. Doveva essere chiaro che la vittoria elettorale del Blocco del Popolo, alle elezioni regionali del 1947, non aveva alcun significato, né il popolo siciliano aveva a che fare con l’Autonomia siciliana perché essa era solo un compromesso sottoscritto a Cassibile anni prima tra il morente Stato monarchico italiano rifugiatosi a Brindisi – Stato che non rappresentava più nessuno – e le forze alleate che avevano ‘liberato’ la Sicilia senza colpo ferire, perché il terreno fertile per una avanzata rapida e vittoriosa l’aveva predisposto la mafia dei grandi agrari, la cui gestione era affidata alla borghesia mafiosa siciliana.
Il compromesso di Cassibile prevedeva che il territorio siciliano restasse all’Italia, ma che gli Stati Uniti ne potessero disporre a proprio piacimento (la famosa 49° stella, tanto propagandata dalle corti mafiose durante lo sbarco degli alleati nella piana di Licata nel luglio 1943). Con questa intesa ‘parasociale’ si era concluso il trattato sull’armistizio stipulato a Cassibile il 3 settembre 1947 e annunciato trionfalmente dal generale Badoglio l’8 settembre successivo.
Da qui il distacco netto tra popolo siciliano ed Autonomia speciale. Da allora mai più è stata celebrata in Sicilia una manifestazione popolare per l’Autonomia.
La terza data, il 5 maggio riguarda le celebrazioni annuali dell’Autonomia siciliana. Esse avvengono in luoghi monumentali delle grandi città siciliane, alla presenza delle massime autorità civili, militari e religiose, con discorsi vuoti e rituali, dove il popolo è assente. Non si ricorda alcuna località ove si verificarono a suo tempo gesta o lotte popolari a sostegno della conquista dell’Autonomia.
Le due sole località ove la resistenza popolare ha tentato di ostacolare l’avanzata delle forze alleate di cui si ha memoria furono Acate e il sasso di Randazzo dove fu ucciso in un agguato Antonio Canepa, capo dell’Evis (Esercito volontario per l’indipendenza siciliana), l’unico strumento popolare di lotta per l’indipendenza siciliana. Ebbene, anche il queste località siciliane, in occasione dell’anniversario dell’Autonomia siciliana, non si ricordano celebrazioni popolari, né cerimonie ufficiali. Tutto tace e tutto dev’essere rimosso dalla memoria popolare. Complessivamente la Sicilia, con questa Autonomia speciale, è stata ridotta al rango di base strategico-militare degli Usa a baluardo spionistico e aeronavale del Mediterraneo e del Medioriente.
È bene che i sicilianisti di ogni rango ne tengano conto quando definiscono l’Isola una colonia. Essi hanno ragione a metà, perché la Sicilia colonia lo è, ma statunitense. Ed è questa la ragione di fondo per la quale lo Stato italiano si guarda bene dall’intervenire in Sicilia perché, di fatto, non le appartiene. La gestione dei fatti siciliani è appannaggio della borghesia mafiosa in stretta connessione con la Cia e il Dipartimento di Stato Usa.
RICCARDO GUECI
25 aprile 2015
La Sicilia e le sue crisi
Una nuova riflessione del compagno Gaetano Zingales, componente della segreteria regionale del Partito Socialista Siciliano, su alcuni problemi che attanagliano la Sicilia di oggi: l’interruzione del collegamento tra la parte occidentale ed orientale dell’isola; gli eventi luttuosi e criminali nell’area mediterranea; la necessità di chiedere lo stato di “Zona franca”.
Se dovessimo fare una lista delle necessità irrisolte della nostra regione, ci perderemmo in un lungo elenco, che vede l’emergenza lavoro, come prioritaria, e che, addentrandosi nelle pieghe del bilancio della Regione Siciliana, non dà risposte allo sviluppo produttivo dell’isola. Una massa di debiti di svariati miliardi vieta qualsiasi progetto che impedisca l’emorragia di menti e braccia di lavoro, il carico di disoccupati sulle famiglie in difficoltà economiche, nonchè la stasi dei settori che tipizzano la nostra economia. Eppure, per risolvere in parte gli annosi problemi dei siciliani, sarebbe stato sufficiente applicare letteralmente lo Statuto autonomistico, pretendendone, altresì, il rispetto delle norme “privilegiate” da parte del governo centrale. Ma così non è stato. Le colpe? Senz’altro di una classe politica dirigente che, da decenni, ha governato la nostra regione. E non è finita.
Soffermiamoci, però, su due emergenze, che stanno mettendo a terra il nostro territorio insulare.
Il crollo del tratto dell’autostrada Palermo-Catania, che ha prodotto danni incalcolabili alla popolazione costretta a usufruire di quell’arteria, ha messo a nudo le insufficienze e la responsabilità a carico di ciascun organo di governo e di controllo delle strade. Ma di ciò se ne sta occupando la magistratura.
Raccogliendo le voci dei disagi cui la gente va incontro nel dovere attraversare quel tratto di territorio disastrato e dei fatti di negativa ricaduta sulla vita quotidiana, ritengo di potere avanzare alcune mie riflessioni.
In primis, condivido la proposta lanciata di nominare un alto commissario per superare gli ostacoli frapposti dalla normativa vigente e dalla burocrazia, regionale e nazionale.
Contestualmente, per la realizzazione, in tempi brevi, della bretella di congiungimento all’arteria interrotta sarebbe appropriato affidare i lavori al genio militare. E ciò per impedire lungaggini di gare di appalto ed ingerenze… poco trasparenti. In Giappone, in occasione dell’ultimo disastro naturale, l’esercito in pochi giorni ricostruì un’autostrada. Se lì è stato possibile, perché, in urgenza, non dovrebbe esserlo anche in Sicilia?
Inoltre, attraverso lo stato di calamità, dichiarato dal governo regionale, occorre eliminare urgentemente la precarietà esistente, sulla strada alternativa madonita, di innesto tra gli svincoli di Scillato e Tremonzelli. Ma non possiamo, pur tuttavia, non tenere presenti i disagi di coloro che risiedono nel Sud-Est della Sicilia: mi riferisco al collegamento viario e ferroviario tra le province di Siracusa e di Ragusa con il capoluogo siciliano. È possibile intervenire sulla ferrovia Siracusa-Ragusa-Gela? Ove non trovi la possibilità di un ripristino della tratta ferroviaria Gela-Palermo, in allacciamento con la Ragusa–Gela, il proposto percorso aereo Comiso-Palermo Boccadifalco dovrebbe essere attuato con un paio di voli andata e ritorno, ad un prezzo “politico”, da low cost.
Si può fare, però, ancora di più. È possibile, secondo le normative vigenti, dichiarare “Zona franca” tutto il territorio isolano evidenziando le complesse precarietà e disagi. Tra i vantaggi che ne deriverebbero, vi sarebbe la possibilità di rimuovere il pagamento del pedaggio autostradale sulla Palermo-Messina e sulla Messina-Catania e, contestualmente, abbassare le accise sui carburanti per una loro diminuzione del prezzo alla vendita presso i distributori. Va da sé che questi due indilazionabili provvedimenti bloccherebbero l’aumento dei prodotti al dettaglio affidati alla distribuzione su gomma. Di cui già s’incominciano a subire gli effetti deleteri per il consumatore.
Passando all’altra emergenza di disastri umani, internazionale ma che primariamente investe la Sicilia, volgendo lo sguardo su quanto sta accadendo nel nostro mare, nel Mediterraneo, in cui la nostra terra rappresenta la frontiera meridionale dell’Europa subendone le pesanti conseguenze, assieme al nostro intero Paese, non posso non fare una forte proposta. L’Unione Europea e la comunità internazionale non possono continuare a “guardare dalla finestra” e cincischiare sull’immane tragedia che ha investito i diseredati dei paesi africani, che cercano una speranza di serenità fuori dai loro confini.
L’Onu e l’Ue debbono farsi carico di un risolutivo intervento adottando le misure necessarie, anche forti. Tra l’altro, quando la diplomazia non riesce a pacificare gli “animi” esagitati, l’unica strada alternativa è rappresentata dalle armi per imporre la pace. Ritengo, quindi, che occorra partire da una missione militare mirata, seppure dolorosa, a guida ONU, per distruggere il terrorismo diffuso dall’ Isis, il cui cervello malato risiede nel Califfato con a capo Abu Bakr al-Baghdadi, nelle regioni dove si assiste a nefandezze, a torture, a decapitazioni ed a varie crudeltà, le quali inducono le popolazioni a fuggire dal massacro in atto e dalla fame che ne deriva. Non è più eludibile un’altra operazione militare internazionale simile a quella irachena che abbattè la dittatura di Saddam Hussein.
Nel frattempo, è necessario adottare una misura internazionale, attraverso magari apposite leggi dei singoli stati, che vieti in maniera assoluta la vendita di armi al di fuori di ristrettissime ipotesi, comminando pesanti pene in caso di violazione del divieto. Costringere, cioè, i fabbricanti di armi a vendere esclusivamente il loro fatturato bellico agli Stati per le necessità dei rispettivi eserciti. Nello stesso tempo, sarebbe opportuno emanare l’embargo di merci ed armi nei confronti di territori e stati in cui si annida il terrorismo.
Per continuare nei provvedimenti, è indifferibile l’apertura di un corridoio legale, nei paesi africani in cui vige il sistema democratico, per un normale espatrio in altri stati di quei cittadini alla ricerca di lavoro. Intanto, il flusso migratorio clandestino si può limitare attraverso la presenza di una flotta militare internazionale nelle acque del Mediterraneo, in vicinanza delle coste africane. Eventuali barconi di migranti dovrebbero ricevere la solidale accoglienza umanitaria per un loro smistamento, attraverso un coordinamento ONU, nei diversi paesi in cui quegli sventurati aspirano ad ottenere asilo politico.
In sintesi, queste sono le proposte personali, espresse per grandi linee, che potrebbero essere valutate dai governi, italiano, europei, internazionali per un loro approfondimento.
È mia convinta asserzione che, da tutto quanto sopra indicato, alla nostra Sicilia potrà derivarne un positivo input per affrontare lo stato di emergenza attuale, relativamente ai due problemi accennati.
Per le altre urgenze siciliane – decollo economico ed occupazionale – penso ad una tavola rotonda dei partiti dell’area di sinistra attraverso la quale sarà possibile individuare, da subito, delle proposte; in primo luogo, la accennata richiesta di dichiarazione di zona franca, per poi passare ad altri progetti fattibili ed alternativi all’attuale azione del governo regionale in carica. Vado oltre: auspico che i partiti ed i movimenti incontratisi in “SottoSopra, la Sicilia di domani” prendano l’abbrivo per un unico cartello aggregativo strutturale, alternativo al governo della regione ma soprattutto riformista ed impegnato a garantire il rispetto dello Statuto Siciliano. Occorre lasciare i patriottismi ideologici e di nicchia per raccogliersi sotto l’unica bandiera del socialismo democraticamente rivoluzionario, i cui valori sono sempre attuali: oggi più di ieri.
GAETANO ZINGALES