Partitu Sucialista Sicilianu | Sicilian Socialist Party | Parti Socialiste Sicilien

luglio | 2014 | PSS – Partito Socialista Siciliano
Partito Socialista Siciliano (PSS)

Archive for 31 luglio 2014

In tanti Paesi del mondo si lotta per l’Autonomia: tranne che in Sicilia…

31 lug 2014 Scritto da Riccardo Gueci

2
LA TEORIA DEL TRAINO DELLE CLASSI DOMINANTI DEL PROFESSORE MASSIMO COSTA NON VALE PER ALTRE REALTA’: PALESTINA, CRIMEA, UCRAINA, CATALOGNA, IRLANDA DEL NORD, POPOLO BASCO. LI’ I POPOLI LOTTANO. IO HO SOLO PROPOSTO DI COINVOLGERE I CETI POPOLARI DELLA NOSTRA ISOLA

Seppure con ritardo tenteremo di dare una risposta a quanti hanno mosso osservazioni alle riflessioni sulle origini e sugli oltre sessantasette anni dell’Autonomia speciale della Sicilia. Il ritardo è dovuto alla attesa delle ragioni che il nostro direttore aveva annunciato all’atto della pubblicazione dell’articolo. Aggiungo che l’articolo è scomparso troppo in fretta dalle pagine del nostro giornale e con esso si è miseramente concluso il tentativo di dare una intensificazione al dibattito sull’argomento che il nostro giornale ha da tempo promosso.

L’articolo in questione voleva semplicemente introdurre un diverso punto di vista, piuttosto che soffermarsi su una impostazione di maniera che, a parere di chi scrive, lascia il tempo che trova. D’altra parte, la litania rivendicazionista piagnona della Sicilia frustrata è un marchio tutto nostrano.

Lo Stato perpetra continuamente abusi e prevaricazioni e mai che in Sicilia si verifichi un moto di ribellione, una protesta popolare, una lotta intransigente alla lesione delle prerogative autonomiste. Nulla. Dov’è l’orgoglio sicilianista? Dov’è la consapevolezza che l’Autonomia è una conquista dei siciliani? Dov’è la voglia di riscatto ‘nazionalista’ della Sicilia?

C’è solo la richiesta di potere disporre di maggiori dotazioni finanziarie senza che accanto vi sia la domanda: per farne quale uso nella prospettiva dello sviluppo generale del territorio, dell’impresa, dell’occupazione, della competitività internazionale, della liberazione del territorio siciliano dall’ipoteca statunitense, della sconfitta della mafia attraverso la crescita economica e culturale?

Ecco, questi interrogativi e le relative risposte mancano nel dibattito autonomista. E allora la domanda che ci dobbiamo porre è: cosa intendiamo per Autonomia se non è traguardata all’affermazione di una capacità innovativa, di progresso e di pace nel Mediterraneo, libera da presenze militari e di apparati di guerra? Senza un progetto che abbia questo respiro non ci resta che rivendicare più soldi, ma non per farne che? Forse per alimentare la corruzione di massa da parte del potere (qualcuno dovrebbe spiegare cos’è il clientelismo, se non un modo scientifico, istituzionalizzato, di corruzione di massa)?

Ecco, ci sarebbe piaciuto che i nostri critici facessero riferimento alle cose che dovrebbero riempire la saccoccia dell’Autonomia nell’interesse popolare, piuttosto che discettare sulla moneta siciliana che, nella migliore delle sue applicazioni, potrebbe trovare spazio soltanto negli scambi interni alla Sicilia. Non essendo, infatti, una divisa di uno Stato sovrano non avrebbe alcun riconoscimento internazionale. E, pertanto, avrebbe la stessa funzione di un pannicello caldo.

Al professore Massimo Costa vorrei dire semplicemente che se la sua ricetta sull’inevitabilità del ruolo trainante delle “classi dominanti” fosse vera non avremmo avuto un intero popolo, quello cinese, che attraverso la Lunga Marcia si è liberato dell’imperial-colonialismo occidentale ed affermare la sua indipendenza.

Per non parlare del popolo vietnamita che, attraverso due guerre cruente, si è liberato dell’oppressione imperialista occidentale, prima di marca francese e poi di stampo americano, ed ha conquistato la sua indipendenza.

E ancora il popolo palestinese, che lotta per la sua indipendenza, con enormi sacrifici umani, contro il dominio israeliano.

Poi il popolo della Crimea, che si è espresso, con referendum, per una sua collocazione nazionale e l’ha tenacemente raggiunta.

Quindi il popolo dell’Ucraina orientale che non vuole far parte dell’Unione europea e lotta per la sua indipendenza.

Il popolo catalano che si adopera per la sua collocazione autonoma rispetto al Regno di Spagna ed è impegnato, anche attraverso i referendum a conseguire il suo obiettivo.

Il popolo basco che rivendica anch’esso la sua autonomia dalla Spagna. Insomma senza tutte queste lotte popolari non sarebbero stati raggiunti questi risultati. Mettendoci anche il popolo dell’Irlanda del Nord, che vuole e persegue l’indipendenza dal Regno Unito. E la stessa cosa vale per la Scozia.

La lista potrebbe continuare a lungo: di interi popoli (e non classi dominanti) per più generazioni hanno lottato e lottano per la loro indipendenza perché consapevoli delle loro aspettative storiche e non per sostenere i privilegi delle loro ‘classi dominanti’.

In Sicilia, contrariamente a ciò che capita in giro per il mondo, il popolo viene sempre tenuto lontano dalle decisioni che lo riguardano direttamente. In Sicilia il referendum è tabù, il popolo non ha diritto di dire la sua su nulla. Ecco, se questo è il tipo di Autonomia che vogliamo, non ci resta che ribadire che questa autonomia alla Sicilia non serve.

P.S.

Il dottore Sebastiano Di Bella è andato in pensione, ma la discussione su i suoi redditi non ha avuto alcuna risposta. Questo fatto non ha altra logica che quella di confermare che il popolo siciliano non ha diritto di sapere come vengono spesi i suoi soldi, in favore di quali privilegi.

Solo una istituzione pubblica autonomista che avesse il minimo rispetto per il popolo che essa amministra, avrebbe risolto la questione rendendo pubbliche le entrate reddituali del segretario generale dell’Assemblea regionale siciliana.
da LinkSicilia

http://www.linksicilia.it/2014/07/in-tanti-paesi-del-mondo-si-lotta-per-lautonomia-tranne-che-in-sicilia/

Tusa, i socialisti spingono per il Libero consorzio dei Nebrodi

Messina, 30 luglio 2014 – Si terrà giovedì 31 luglio alle 19,00 presso la villetta comunale di Castel di Tusa un incontro, promosso dal
sindaco Angelo Tudisca, per discutere dell’adesione ad uno dei Liberi consorzi in fase di costituzione. All’iniziativa del primo cittadino alesino plaude Antonio Matasso, segretario regionale del Partito Socialista Siciliano. Secondo Matasso «i socialisti dei Nebrodi auspicano che sia mantenuta l’unità storica ed amministrativa del territorio tirrenico-nebroideo. Grazie alla legge regionale n°8 del 2014, i comuni dei Nebrodi occidentali non hanno bisogno di aderire al consorzio delle Madonie o a quello di Enna per non dipendere più da Messina. La nascita dell’Area metropolitana di Messina, infatti, determinerà la costituzione di un nuovo consorzio dei Nebrodi, che comprenderà buona parte del versante tirrenico della vecchia provincia.

Riteniamo pertanto opportuno – conclude l’esponente socialista – che l’area nebroidea non sia smembrata, considerato che, anche aderendo ad un altro consorzio, le circoscrizioni dell’Agenzia delle Entrate, del Tribunale, dell’Azienda sanitaria, del Catasto, del Provveditorato agli studi, della Questura, della Prefettura, dell’Inps, ecc., rimarrebbero invariate, con il risultato che i comuni dei Nebrodi occidentali, pur associandosi ad Enna o alle Madonie, continuerebbero a far riferimento a Sant’Agata di Militello o a Patti, quando non direttamente a Messina, per tutta una serie di servizi».

Vincenzo Nibali, il siciliano ‘incoronato’ “Re di Francia”

Scritto da Ignazio Coppola
VINCENDO IL TOUR DE FRANCE, IL CICLISTA MESSINESE ENTRA NELLA LEGGENDA DI QUESTO SPORT ASSIEME A FAUSTO COPPI, GINO BARTALI, EDDY MERCKS, PER CITARE I PIU’ LEGGENDARI

Gaudeamus igitur. Il sogno di un ragazzo siciliano che diventa realtà. Un siciliano – Vincenzo Nibali – che, dopo aver vinto Giro d’Italia e Vuelta di Spagna ed ora il Tour de France, entra nella leggenda del ciclismo mondiale e scrive la storia di questo sport assieme a campioni come Gino Bartali, Fausto Coppi, Anquetil, Eddy Merckx per citare i più leggendari.

vincenzo nibaliVincenzo Nibali finalmente ai Campi Elisi a Parigi in maglia gialla. “Parigi val bene una messa”, disse al termine della guerre di religione, cui pose fine nel 1598 con l’editto di Nantes, Enrico IV re di Francia detto Il Grande.

Ed oggi a distanza di centinaia d’anni Vincenzo Nibali il grande, incoronato re del Tour, anche lui dopo le sue straordinarie imprese può legittimamente ripetere: “Parigi val bene una messe”: una messe di sacrifici, di rinunce, di privazioni cui il campione siciliano si è sottoposto, sin da ragazzino, per raggiungere, tappa dopo tappa, giorno dopo giorno, anno dopo anno i vertici del ciclismo e dello sport mondiale onorando così la sua terra con quei valori e con quelle doti (umiltà, generosità, comunicativa, altruismo, spirito di sacrificio, sagacia, umanità ed intelligenza) di cui questo grande campione si è dimostrato di essere portatore sano.

Con la sua semplicità, con il suo sorriso, con i suoi occhi intelligenti specchio del suo animo, con la solarità dei suoi comportamenti e con la sua profonda umanità, in corsa e fuori dalla corsa, e sopratutto nelle interviste, rilasciate in questi giorni, ha conquistato tutti.

Oggi, dopo il soprannome di “Squalo dello Stretto”, per la facilità con cui batte i suoi avversari, per quanto fatto e dimostrato, ne merita un altro: “Il Signore in giallo” per la signorilità , la disponibilità e la sobrietà con la quale ha dimostrato di rapportarsi con tutti ed in ogni occasione.

Campione nella vita come nello sport, interprete di quei valori sani che ne fanno a buon diritto testimonial ed ambasciatore della sua terra, la Sicilia, nel mondo. La vera Sicilia che non è mafia, come spesso la si dipinge, ma è quella che si identifica nella faccia pulita e solare e sopratutto nei sani valori di questo giovane, grande campione che ci rende orgogliosi ed onora la nostra terra .

E a noi che l’abbiamo accompagnato, seguendolo in televisione, trepidanti in tutte le tappe di questo Tour non ci resta altro che ringraziarlo, commossi sino alle lacrime, per le grandi emozioni che ci ha regalato, in questi indimenticabili giorni, come ci corre l’obbligo di ringraziare un altro grande campione siciliano, il palermitano Giovanni Visconti, anche lui brillante protagonista del Tour e dopo Nibali il secondo nella particolare classifica della numerosa pattuglia italiana presente alla “grande boucle” francese.

Si può dire che al Tour, più che italiano, quest’anno si è parlato sopratutto siciliano.

Foto di prima pagina tratta da olimpiazzurra.com

da LinkSicilia

http://www.linksicilia.it/2014/07/vincenzo-nibali-il-siciliano-incoronato-re-di-francia/

L’Autonomia siciliana? Non è mai stata popolare, ma solo borghese…

25 lug 2014 Scritto da Riccardo Gueci

L’OPINIONE/ UNA DIGRESSIONE STORICA SULLO STATUTO AUTONOMISTICO DELLA NOSTRA ISOLA. PER ARRIVARE ALLA CONCLUSIONE CHE, SENZA LA PARTECIPAZIONE DEL GRANDI MASSE E DEI COMUNI, L’ISTITUTO AUTONOMISTA E’ DESTINATO A CONTINUI FALLIMENTI

Da qualche tempo si è aperto il dibattito sullo Statuto autonomistico siciliano e la su specialità, tema sul quale ci piace intervenire perché di grande interesse. E nel tentare una considerazione ci riferiremo ad alcune questioni concrete, piuttosto che intrattenere la discussione sui massimi sistemi.

Prendiamo ad esempio l’ultimo prodotto legislativo definito “Piano Giovani”. Abbiamo assistito a scene indegne di un Paese civile vedendo fole di ragazzi che si accalcavano agli sportelli dell’ufficio dell’impiego (ex ufficio di collocamento) per avere i documenti richiesti dalla burocrazia per la partecipazione al concorso, senza che il bando li richiedesse.

Ora, a parte la banale considerazione sull’utilità per la Regione di avere un apparato amministrativo di circa 16-17 mila dipendenti – peraltro con mille e 800 dirigenti, inquadrati nelle diverse fasce e pertanto non utilizzabili agli sportelli perché lavoro poco decoroso per un dirigente – chi dirige tale ufficio non si è acconciato ad approntare per tempo gli organici di questi sportelli nella previsione della ressa che immancabilmente si sarebbe verificata.

Previsione non troppo azzardata atteso che la disoccupazione giovanile in1390287267-0-sicilia-tagli-a-dipendenti-regionali-esposto-a-commissario-stato Sicilia è superiore al 50 per cento: un giovane su due è disoccupato, a parte quelli sotto occupati o precari, per non ricordare quelli che un lavoro non lo cercano più, una intera generazione.

Il riferimento a questo caso è solo per accennare a qualcosa che ha che fare con l’attualità. Del resto, esistono tanti altri episodi di inefficienze, sprechi, ruberie, dissipazioni e clientelismi: dalla formazione professionale gestita dalle società per azioni ai finanziamenti europei per lo sviluppo rurale, dagli impianti eolici alla privatizzazione dell’acqua.

Non è il caso di dilungarsi oltre, perché il nostro giornale è stato sempre puntuale nel denunciare ognuna di queste vergogne. Lo scopo di questo intervento non è quello di aggiungere un’altra lamentela o fare l’ennesima denuncia scandalistica. E’, piuttosto, quello di evidenziare le ragioni strutturali che hanno determinato fin dalle sue origini l’andamento dell’Autonomia speciale.

Per segnalare – tanto per cominciare – che nell’ottica di chi ne ha disegnato il profilo dei destinatari non c’erano di sicuro i ceti popolari della Sicilia. Tant’è che non è stato nemmeno lontanamente ipotizzato l’eventuale interesse popolare alle questioni dell’autogestione: basti pensare che fra le possibili forme di partecipazione popolare alle decisioni generali non è stato nemmeno previsto l’istituto del referendum, né consultivo, né propositivo, né abrogativo. Niente: il popolo non conta, ha solo il diritto di delegare le decisioni alla ‘borghesia di gestione’.

Quindi per capire meglio la natura dell’Autonomia mettiamo alcuni punti fermi. Le origini e la concezione dello Statuto sono appannaggio della borghesia siciliana, così come le precedenti esperienze storiche a partire la-sicilia-e-i-siciliani-per-lo-statuto2-e1334350796432dallo Statuto del 1812, il primo Statuto autonomistico della Sicilia. Già allora la concessione del potere di autogestione fu appannaggio della nobiltà del tempo, così come la reiterazione del 1848 fu appannaggio della borghesia di quella stagione.

A maggior ragione lo Statuto vigente, che data 1946, è stato conseguente alle condizioni – in forma di taciti accordi parasociali – del trattato di Cassibile del 1943, dove la fece da protagonista la mafia sostenuta dalla mallevadoria degli Stati Uniti d’America. Figurarsi se l’interesse popolare poteva lontanamente balenare durante i negoziati che ne precedettero l’esito. In definitiva, l’Autonomia è quasi sempre stata usata al fine della corruzione di massa a scopo di consenso e di potere da parte della borghesia di gestione, che ha nella politica e nell’apparato amministrativo i suoi referenti.

Il quasi sta per evidenziare l’entusiasmo della prima deputazione autonomista che credette davvero nella possibilità di gestire politiche di progresso sociale e di sviluppo economico e culturale, ma ben presto dovette rientrare nei ranghi e sottomettersi al disegno egemonico degli interessi centrali.

Vi sono stati nel tempo tentativi di approntare strumenti idonei allo sviluppo e alla crescita: per esempio la Sofis prima e poi l’Ente minerario siciliano, ma entrambi sono stati regolarmente svuotati del loro contenuto autonomista di strumenti destinati a creare progresso economico e sociale.

La Società finanziaria siciliana (Sofis), nata da una felice intuizione dell’ingegnere Domenico La Cavera allo scopo di incentivare la nascita di una imprenditoria indigena ha avuto il torto di ideare la “Willis mediterranea”, un’azienda che avrebbe dovuto costruire delle automobili fuoristrada. Questo progetto cozzava con gli interessi della Fiat e dovette essere immediatamente annullato. Esso segnò la fine della Sofis e la istituzione al suo posto dell’Espi, un ‘carrozzone’ ridotto a cimitero degli elefanti, dove venivano raccolti i residui fallimentari delle aziende decotte esistenti in Sicilia.

L’Ente minerario siciliano (Ems), nato per iniziativa dell’onorevole Salvatore Corallo, al tempo assessore dell’Industria, in quanto avrebbe dovuto valorizzare le risorse del sottosuolo dell’Isola, era un boccone troppo prelibato per lasciarlo alla gestione dei siciliani. E’ del 1963 la legge che istituiva l’Ems. Perché vedesse le prime luci della sua vita operativa trascorsero ben due anni durante i quali furono studiati gli strumenti per neutralizzarne la funzione e controllarne la gestione.

A questo fine furono creati gli “accordi triangolari”. Cioè, si misero a capo dell’Ente funzionari dell’Eni e della Montedison – la società che in Italia all’epoca dominava nella chimica – al fine di apportare in quell’organismo appena nato le ‘esperienze’ di chi in materia ne sapeva di più.

Gli interessi strategici americani vennero tutelati, facendo diventare l’Ems un covo di agenti della Cia e di boss della mafia siciliana che gestiranno l’Ente in piena armonia ed in perfetta sintonia. E’ appena il caso di ricordare le figure del senatore Graziano Verzotto e dell’avvocato Vito Guarrasi e del boss Peppe Di Cristina da Riesi. Il primo presidente del Consiglio di amministrazione ed il secondo presidente del Collegio dei sindaci dell’Ems, il terzo morto ammazzato all’interno delle faide mafiose.

C’erano da gestire e valorizzare risorse importanti quali i sali potassici, il salgemma o le sabbie silicee. Interi giacimenti di ricchezze che non vengono sfruttate perché nuocerebbero a interessi internazionali delle multinazionali che in quei mercati sono intoccabili.

L’unica ricchezza che si è salvata è il salgemma che è stata ceduta alla miniere sicilianesocietà Italkali – società per azioni controllata per il 51 per cento dalla Regione – dove i privati, capeggiati da un imprenditore agrigentino, l’avvocato Francesco Morgante (da qualche anno assistito da un ex dirigente regionale, il dottore Antonino Scimemi), hanno sempre svolto un ruolo centrale.

Questa segnalazione solo per esemplificare l’intreccio esistente tra la borghesia ‘autonomista’ e l’apparato amministrativo della Regione siciliana.

Come appare evidente da questa breve ricostruzione dell’Autonomia regionale siciliana, il popolo è totalmente tagliato fuori da qualsiasi possibilità di gestione delle sue prerogative. Di contro, i ‘papaveri’, quelli alti alti, fanno il bello ed il cattivo tempo.

E’ in corso una discussione sull’entità delle retribuzioni dei dipendenti della Regione, la punto che il presidente Rosario Crocetta ha deciso di tagliare le pensioni dei regionali in quiescenza.

Tuttavia, non è possibile conoscere la vera retribuzione del Segretario generale dell’Assemblea regionale siciliana, cioè dell’istituto autonomistico per eccellenza. Infatti, l’Autonomia speciale consiste nella facoltà di legiferare in via autonoma anche in concorrenza con la legislazione statale. E le leggi le fa l’Assemblea.

Si dice che il dottore Sebastiano Di Bella percepisca compensi per circa 600 milioni di euro l’anno lordi. Sul tema è aperta una discussione tra chi sostiene l’attendibilità di questa cifra e chi la nega. Ebbene, non sarebbe il caso di chiudere questa discussione con la pubblicazione del reddito annuo percepito dal segretario generale dell’Ars, soprattutto ora che sta andando in pensione a 61 anni? A chi giova questa segretezza? E’ questo il modo di salvaguardare la dignità e il decoro dell’istituto autonomistico al pari dell’obbligo di indossare la cravatta per entrare nel ‘tempio’ dell’Aautonomia? A che serve ed a chi questa Autonomia?

Non vogliamo farla lunga, e ce ne sarebbero di esempi ed aneddoti da ricordare per evidenziare la indifendibilità di questa Autonomia, che così com’è al popolo siciliano non serve proprio.

Una diversa Autonomia è, però, possibile. Ed è una Autonomia che abbia radicamento popolare. Quella sì che sarebbe difesa dal popolo siciliano con ogni energia e convinzione. Quella Autonomia sarebbe configurata da una Regione che avesse potere esclusivo di programmazione, indirizzo e vigilanza. La gestione dovrebbe essere trasferita al territorio, cioè ai Consorzi di Comuni o alle loro associazioni. L’articolazione delle competenze, nel senso della sussidiarietà, metterebbe basi democratiche più solide all’Autonomia e ne farebbe un vero strumento di progresso.

Questa soluzione statutaria porterebbe con sé delle conseguenze tutte positive. Ne segnaliamo due soltanto. La prima metterebbe al sicuro l’Autonomia dal trasformismo tradizionale delle classi dirigenti siciliane e dal loro ‘ascarismo’. La seconda, restituirebbe dignità al potere legislativo, sede della rappresentanza popolare, e annullerebbe la farsa della ‘governabilità’ con l’elezione diretta e blindata del presidente della Giunta regionale. A quel punto nessuno avrebbe l’interesse a governare, perché la gestione sarebbe sempre più vicina al territorio e, quindi, agli interessi popolari più diffusi e sempre meno clientelari.

Concludiamo con un appello rivolto a quegli intellettuali che si fanno paladini di questa Autonomia. Li invitiamo a rivolgere le energie del loro sapere ad una visione popolare più partecipata dell’Autonomia e a concentrare i loro sforzi in questa direzione, perché senza la forza delle spinte popolari non si va da nessuna parte.

Nota a margine

Il direttore non condivide alcune delle tesi che vengono illustrate in questo articolo. Ma il bello della democrazia – cosa che, ad esempio Matteo Renzi e Silvio Berlusconi non capirebbero mai – sta anche nel dare spazio e voce a chi non la pensa come noi.

Tuttavia in questa riflessione ci sono spunti interessanti che commenteremo nei prossimi giorni con un nostro intervento.

g.a.

da LinkSicilia

http://www.linksicilia.it/2014/07/lautonomia-siciliana-non-e-mai-stata-popolare-ma-solo-borghese/

Ricordiamo Aldino Sardo Infirri

Ricordiamo Aldino Sardo Infirri.

Mercoledì 23 luglio sarà ricordato a Castell’Umberto, paese di cui fu sindaco per oltre trent’anni, l’onorevole Aldino Sardo Infirri, ex vice presidente della Regione Siciliana ed esponente di spicco del socialismo isolano, scomparso due anni fa. Alle 17,30 presso il Cimitero comunale del centro nebroideo sarà benedetta la tomba del leader socialista, mentre alle 18,30 presso la Sala consiliare del Municipio di Castell’Umberto si terrà un incontro con familiari ed amici, durante il quale interverranno anche il sindaco ed il presidente del Consiglio comunale. Alla fine dei lavori, lo scrittore Melo Freni, storico giornalista della Rai, dedicherà alla memoria di Aldino Sardo Infirri la proiezione del film “La famiglia Ceravolo”, realizzato nel 1985 dalla televisione di Stato e tratto da un romanzo del noto intellettuale messinese. Secondo Antonio Matasso, segretario regionale del Partito Socialista Siciliano, che interverrà alla manifestazione, «Aldino Sardo Infirri è stato un socialista combattivo ed illuminato, antico e moderno ad un tempo. Antico perché le sue idee non sono state mai intaccate dalla crisi contingente del partito; moderno perché consapevole che la sola risposta alle difficoltà economico-sociali dei Nebrodi e della Sicilia può venire da un rinnovato socialismo».
Negli anni ‘90, quando deflagrò la diaspora dei socialisti italiani, Sardo Infirri aderì al Partito Socialista Siciliano, nelle cui liste fu candidato.

Renzi e i parlamentari del PD discutono del nulla

E BRAVI I SIGNORI DEL PARTITO DEMOCRATICO CHE OGGI TROVANO NORMALE SIGLARE ACCORDI CON BELUSCONI. OBIETTIVO: UNA BELLA RIFORMA ISTITUZIONALE IN STILE P2 DI LUCIO GELLI. MA ISCRITTI E MILITANTI DI QUESTO PARTITO NON HANNO NULLA DA DIRE?

Abbiamo assistito in streeming alla discussione tra il segretario-premier, Matteo Renzi, ed i gruppi parlamentari del Partito Democratico. Ci saremmo aspettati un dibattito sulle ragioni che dividono i pareri sul nuovo Senato e sulla legge elettorale, al fine di trovare soluzioni unitarie. Invece, abbiamo assistito ad una rassegna di intenzioni riformatrici da affrontare nei prossimi mille giorni di governo. L’unico sussulto nell’assemblea è venuto quando Renzi ha chiesto ferie brevi perché gli impegni incalzano. E gli impegni riguardano le modifiche costituzionali e la legge elettorale convenute con Forza Italia.

Si badi, solo con Forza Italia, perché sia le altre formazioni di destra che le residue componenti centriste ed i grillini hanno tutti avanzato riserve sulle soluzioni convenute dai due: soluzioni ispirate da quel genio dei papocchi politico-elettorali di nome Denis Verdini, oggi rinviato a giudizio per bancarotta fraudolenta.

A questo proposito non può essere sottaciuto il grande talento che contraddistingue Silvio Berlusconi nello scovare tutte le persone che nella loro vita professionale o privata hanno degli scheletri nascosti nell’armadio e che, prima o poi, vengono alla luce: Dell’Utri, Cosentino, Tarantini, Galan, Previti – solo per citare i più in vista – per farne i suoi più stretti collaboratori. E’ un talento vero e proprio e molto volentieri vogliamo e dobbiamo riconoscerglielo.

Al di là della parentesi sul talent-scaut berlusconiano, il dibattito del gruppo parlamentare PD non ha offerto nemmeno un cenno su quello che dovrebbe essere il principale cruccio del Governo: la crisi economica del Paese, il crollo dell’occupazione nel Paese e, soprattutto, nel Mezzogiorno, la povertà in grande ascesa e la inesistente prospettiva della ripresa e della crescita economica. L’unico accenno, di sfuggita, la riapertura del credito alle imprese da parte delle banche. Per il resto, il silenzio più assoluto.

Viene voglia di urlare: ma che governa a fare uno che non ha nemmeno l’idea più pallida del rilancio dell’economia, di un progetto industriale per il Paese e per il Mezzogiorno? Che l’unica preoccupazione del suo governo è quella di limitare la partecipazione popolare alle scelte politiche e democratiche (vedi l’aumento del numero delle firme per chiedere i referendum, lo stesso per presentare progetti di legge d’iniziativa popolare, lo sbarramento all’otto per cento dei voti per avere diritto alla rappresentanza in Parlamento, l’abolizione delle preferenze che privano l’elettore di selezionare il personale politico anche nell’abito delle proposte offerte dai partiti). Tutte misure tese a limitare il ruolo dell’elettorato attivo e di concentrare sempre più potere alle segreterie dei partiti.

Insomma una vergogna che ricorda molto da vicino il ‘Piano di Rinascita democratica’ di gelliana memoria, meglio noto come P2. Tutto questo dibattito fondato sul nulla, a fronte delle vere urgenze del Paese, fa venire in mente un detto popolare, che così recita “mentri u mericu sturìa u malatu si nni và”: traduzione per il resto del mondo “mentre il medico riflette sulle terapie da prescrivere il malato muore”.

In sostanza siamo arrivati sull’orlo del precipizio nel quale è caduta la Grecia e nel quale la subordinazione renziana, al pari di quelle dei governi precedenti, alle opzioni europee sugli orientamenti dei trattati vigenti ci ha portato. E il Nostro pensa di risolvere queste grandi contraddizioni con la flessibilità, che è un oggetto misterioso del quale ognuno dà la propria interpretazione e non indica nulla di certo nella prospettiva della ripresa economica, né del nostro Paese e né dell’Europa nel suo complesso.

E un fatto di sicuro positivo a fronte del deserto di iniziative popolari tese ad ostacolare il disegno autoritario che viene avanti e che ha origini lontane – dall’esperienza della P2, come abbiamo già ricordato – la raccolta di firme proposta dal Fatto Quotidiano teso a mobilitare la pubblica opinione sulla pericolosità che la politica di Matteo Renzi, in uno con quella di Silvio Berlusconi (il quale rivendica la paternità delle misure costituzionali in discussione), rischia di arrecare alla struttura democratica della Repubblica italiana.

Del pari va salutata con favore l’iniziativa della Lega Nord sulle riforme costituzionali a riguardo della possibilità di eliminare il divieto di referendum popolare sulla ratifica dei trattati internazionali, nonché di quelli europei. E’ un modo concreto di tentare di restituire al popolo italiano la dignità e la sovranità del Paese rispetto ai limiti che questa incontra a fronte della prevalenza degli interessi di altre potenze nei riguardi degli italiani. Questa è una rivendicazione che da anni avanziamo e che nessun partito o movimento ha mai raccolto, nemmeno il Movimento di Grillo e Casaleggio che pure si richiama costantemente, quasi ossessivamente, alle prerogative popolari nel determinare la sua politica. Come se la sovranità nazionale non fosse tra le priorità della dignità popolare.

In conclusione, vogliamo ricordare che noi siamo sostenitori delle riforme che tendano a meglio far funzionare la ”macchina’ dello Stato nel rispetto delle garanzie democratiche di partecipazione, di pluralismo politico e di rappresentanza. Per noi la governabilità appartiene alla sfera politica e non può essere costituzionalizzata né istituzionalizzata. Questo avviene nelle costituzioni ad immagine e somiglianza delle dittature militari (es. Egitto) e non. La democrazia è tutto un altro affare. Per queste elementari ragioni il governo Renzi ed il Partito Democratico di orientamento renziano non ci piacciono e se dobbiamo giudicarlo dal dibattito ascoltato ieri sera non ci piace in tutto il suo complesso, componenti ‘critiche’ comprese.

P.S. Ieri sera Renzi ha annunciato che la ministra degli Esteri, Federica Mogherini, era in Medio oriente e che aveva incontrato sia i rappresentanti israeliani e sia quelli palestinesi. L’unica cosa che non ci ha detto è: a fare cosa? Qual’è la posizione del governo di Matteo Renzi a riguardo del conflitto tra i due popoli (non possiamo dire tra i due stati, perché uno non esiste, forse è virtuale) che dura ormai ininterrottamente da oltre sessantacinque anni? Se lo avesse detto, magari per inciso, avrebbe reso un servizio al Paese.

Scritto da Riccardo Gueci

da LinkSicilia

<http://www.linksicilia.it/2014/07/renzi-e-i-parlamentari-del-pd-discutono-del-nulla-mentre-litalia-precipita-nel-baratro/>

È morto il compagno Giovanni Barbera

OCIALISTA, E’ STATO, NEGLI ANNI ’60 DEL SECOLO PASSATO, PARLAMENTARE DI SALA D’ERCOLE

E’ morto a 87 anni l’ex deputato regionale socialista Giovanni Barbera dopo una lunga vita che l’ha visto spettatore e protagonista di tanti e significativi avvenimenti della politica siciliana. Quello dell’occupazione delle terre prima come dirigente sindacale della CGIL e poi come dirigente Nazionale e regionale della Lega delle Cooperative, attività intramezzate dalla sua elezione a deputato nella V legislatura ( 1963-67) all’Assemblea regionale siciliana.

Lo ricordiamo per le sue grandi doti umane, come un uomo dedito e generoso che, parafrasando la celebre canzone di Ligabue, ha vissuto la sua vita politica e sindacale da mediano a servizio della sua terra.

Giovanni Barbera era nato a Messina nel maggio del 1927 e, sin da giovane, dopo avere abbandonato gli studi universitari seguendo i suoi ideali impregnati di socialismo, si dedicò all’attività sindacale nella radiosa stagione della conquista delle terre da parte dei contadini siciliani.

Più avanti sarà segretario del Camera del Lavoro di Ragusa e, successivamente, da segretario provinciale del PSI di Ragusa, verrà eletto deputato all’Assemblea regionale siciliana con 4.951 voti di preferenza su 13.794 di lista (35,89%).

Erano gli anni ruggenti della politica siciliana con la P maiuscola e dove ancora la parola autonomia regionale aveva un significato. Una legislatura dove i grandi protagonisti furono Pio La Torre, Giuseppe La Loggia, Camillo Bosco, Francesco Taormina, Mario Fasino, Gino Cortese, Rosario Nicoletti e tanti altri con cui Giovanni Barbera si trovò ad operare,a confrontarsi e arricchire la sua cultura politica.

Visse poi la tragica scissione socialista del 1964 aderendo al PSIUP di Tullio Vecchietti e seguendo Vincenzo Gatto sindacalista e leader storico del PSI con cui aveva condiviso tante battaglie all’interno della CGIL. Rientrerà poi dopo lo scioglimento del PSIUP all’interno del PSI ricoprendo incarichi di partito e venendo successivamente, a metà degli anni 70, eletto Vice Presidente Regionale della Lega delle Cooperative (oggi Legacoop).

E proprio alla Lega delle Cooperative, dopo avere militato assieme nel PSIUP, che ebbi modo ed occasione, lavorando da dirigente di quella organizzazione gomito a gomito con lui, di conoscerlo ed apprezzarlo meglio per le sue doti di generosità e di dedizione inesauribile al servizio del movimento cooperativo siciliano che in quel momento, anche sotto la guida di un’altra figura di grande prestigio quale era l’ex deputato del PCI ed ex partigiano Virgilio Failla, stava conoscendo un periodo di significativa crescita e sviluppo, caratterizzata talvolta da contrasti con la cooperazione emiliana che si muoveva in Sicilia talvolta con una subdola ottica colonizzatrice.

Giovanni Barbera e Virgilio Failla non mancarono mai di stigmatizzare tali comportamenti rivendicando con forza, nei confronti della cooperazione emiliana l’Autonomia del movimento cooperativo siciliano e contribuendo così a costruire un forte movimento cooperativo regionale di cui oggi, malgrado la crisi, se ne possono raccogliere i frutti.

Ricordare oggi Giovanni Barbera per la sua lunga e degna vita da mediano e soprattutto da socialista a servizio della sua terrà è un atto dovuto nei confronti di un uomo che ha fermante creduto nei suoi ideali e in quei valori per cui sin da giovane sacrificò se stesso e la sua esistenza. Per questo per chi rimane, forse, è più gratificante ricordare le vite dei mediani come Giovanni Barbera che non quelle di illustri protagonisti.

Gli illustri protagonisti hanno sempre le luci della ribalta. I mediani molto spesso ignorati sono quelli che, pedalando da gregari e silenziosi, hanno spesso contribuito con umiltà allo sviluppo della loro terra e proprio per questo ricordandoli va loro il nostro dovuto e sentito grazie.

IGNAZIO COPPOLA (da LinkSicilia)

Decisioni della direzione del PSS

La Direzione Regionale del PSS riunitasi, a Palermo, in data 1° luglio 2014, ha preso atto dell’esito del sondaggio sulla denominazione del partito a seguito delle votazioni effettuate on-line sulla pagina web dello stesso. Poiché il 52% dei votanti si è espresso a favore della denominazione di Partito Socialista Siciliano (PSS), il segretario regionale, Antonio Matasso, ha invitato i componenti della direzione a ratificare l’espressione di voto secondo cui il PSS manterrà la denominazione di Partito Socialista Siciliano. La decisione è stata confermata all’unanimità. La denominazione – ha soggiunto il segretario regionale – etichetterà il Partito come aggregato politico, mentre, alla prossima convention dei socialisti siciliani, verrà proposta la nascita della Federazione Socialista Siciliana.
Nel prosieguo della riunione, la direzione ha accolto la proposta di Antonio Matasso di organizzare due momenti di incontro con i socialisti siciliani ed i partiti di sinistra. L’uno in data 16 settembre p.v., a Palermo: un seminario sul pensiero politico, riformista ed economico, di Riccardo Lombardi, considerato che, quest’anno, ricorre il trentennale della sua morte. L’altro, in data 18 ottobre 2014, a Enna: un convegno, per proporre la costituzione della Federazione Socialista Siciliana, al quale saranno invitati a partecipare i socialisti siciliani organizzati nei vari movimenti e circoli della sinistra, nonché coloro che si riconoscono nell’ideologia socialista.
La direzione ha dato mandato, infine, alla segreteria regionale di attivare tavoli di incontri su possibili patti federativi e sulle strategie da adottare nei rapporti con gli altri partiti della sinistra, a cui, ove possibile, potrà partecipare una delegazione dei dirigenti del PSS. Nel contempo, essa ha altresì conferito l’incarico al compagno Riccardo Gueci di promuovere la costituzione di una commissione per redigere un documento programmatico e politico individuando, soprattutto, alcune proposte di carettere sociale ed economicoda portare avanti come Partito Socialista Siciliano.

 

Tipologia di adesione