Una nuova riflessione del compagno Gaetano Zingales, componente della segreteria regionale del Partito Socialista Siciliano, su alcuni problemi che attanagliano la Sicilia di oggi: l’interruzione del collegamento tra la parte occidentale ed orientale dell’isola; gli eventi luttuosi e criminali nell’area mediterranea; la necessità di chiedere lo stato di “Zona franca”.
Se dovessimo fare una lista delle necessità irrisolte della nostra regione, ci perderemmo in un lungo elenco, che vede l’emergenza lavoro, come prioritaria, e che, addentrandosi nelle pieghe del bilancio della Regione Siciliana, non dà risposte allo sviluppo produttivo dell’isola. Una massa di debiti di svariati miliardi vieta qualsiasi progetto che impedisca l’emorragia di menti e braccia di lavoro, il carico di disoccupati sulle famiglie in difficoltà economiche, nonchè la stasi dei settori che tipizzano la nostra economia. Eppure, per risolvere in parte gli annosi problemi dei siciliani, sarebbe stato sufficiente applicare letteralmente lo Statuto autonomistico, pretendendone, altresì, il rispetto delle norme “privilegiate” da parte del governo centrale. Ma così non è stato. Le colpe? Senz’altro di una classe politica dirigente che, da decenni, ha governato la nostra regione. E non è finita.
Soffermiamoci, però, su due emergenze, che stanno mettendo a terra il nostro territorio insulare.
Il crollo del tratto dell’autostrada Palermo-Catania, che ha prodotto danni incalcolabili alla popolazione costretta a usufruire di quell’arteria, ha messo a nudo le insufficienze e la responsabilità a carico di ciascun organo di governo e di controllo delle strade. Ma di ciò se ne sta occupando la magistratura.
Raccogliendo le voci dei disagi cui la gente va incontro nel dovere attraversare quel tratto di territorio disastrato e dei fatti di negativa ricaduta sulla vita quotidiana, ritengo di potere avanzare alcune mie riflessioni.
In primis, condivido la proposta lanciata di nominare un alto commissario per superare gli ostacoli frapposti dalla normativa vigente e dalla burocrazia, regionale e nazionale.
Contestualmente, per la realizzazione, in tempi brevi, della bretella di congiungimento all’arteria interrotta sarebbe appropriato affidare i lavori al genio militare. E ciò per impedire lungaggini di gare di appalto ed ingerenze… poco trasparenti. In Giappone, in occasione dell’ultimo disastro naturale, l’esercito in pochi giorni ricostruì un’autostrada. Se lì è stato possibile, perché, in urgenza, non dovrebbe esserlo anche in Sicilia?
Inoltre, attraverso lo stato di calamità, dichiarato dal governo regionale, occorre eliminare urgentemente la precarietà esistente, sulla strada alternativa madonita, di innesto tra gli svincoli di Scillato e Tremonzelli. Ma non possiamo, pur tuttavia, non tenere presenti i disagi di coloro che risiedono nel Sud-Est della Sicilia: mi riferisco al collegamento viario e ferroviario tra le province di Siracusa e di Ragusa con il capoluogo siciliano. È possibile intervenire sulla ferrovia Siracusa-Ragusa-Gela? Ove non trovi la possibilità di un ripristino della tratta ferroviaria Gela-Palermo, in allacciamento con la Ragusa–Gela, il proposto percorso aereo Comiso-Palermo Boccadifalco dovrebbe essere attuato con un paio di voli andata e ritorno, ad un prezzo “politico”, da low cost.
Si può fare, però, ancora di più. È possibile, secondo le normative vigenti, dichiarare “Zona franca” tutto il territorio isolano evidenziando le complesse precarietà e disagi. Tra i vantaggi che ne deriverebbero, vi sarebbe la possibilità di rimuovere il pagamento del pedaggio autostradale sulla Palermo-Messina e sulla Messina-Catania e, contestualmente, abbassare le accise sui carburanti per una loro diminuzione del prezzo alla vendita presso i distributori. Va da sé che questi due indilazionabili provvedimenti bloccherebbero l’aumento dei prodotti al dettaglio affidati alla distribuzione su gomma. Di cui già s’incominciano a subire gli effetti deleteri per il consumatore.
Passando all’altra emergenza di disastri umani, internazionale ma che primariamente investe la Sicilia, volgendo lo sguardo su quanto sta accadendo nel nostro mare, nel Mediterraneo, in cui la nostra terra rappresenta la frontiera meridionale dell’Europa subendone le pesanti conseguenze, assieme al nostro intero Paese, non posso non fare una forte proposta. L’Unione Europea e la comunità internazionale non possono continuare a “guardare dalla finestra” e cincischiare sull’immane tragedia che ha investito i diseredati dei paesi africani, che cercano una speranza di serenità fuori dai loro confini.
L’Onu e l’Ue debbono farsi carico di un risolutivo intervento adottando le misure necessarie, anche forti. Tra l’altro, quando la diplomazia non riesce a pacificare gli “animi” esagitati, l’unica strada alternativa è rappresentata dalle armi per imporre la pace. Ritengo, quindi, che occorra partire da una missione militare mirata, seppure dolorosa, a guida ONU, per distruggere il terrorismo diffuso dall’ Isis, il cui cervello malato risiede nel Califfato con a capo Abu Bakr al-Baghdadi, nelle regioni dove si assiste a nefandezze, a torture, a decapitazioni ed a varie crudeltà, le quali inducono le popolazioni a fuggire dal massacro in atto e dalla fame che ne deriva. Non è più eludibile un’altra operazione militare internazionale simile a quella irachena che abbattè la dittatura di Saddam Hussein.
Nel frattempo, è necessario adottare una misura internazionale, attraverso magari apposite leggi dei singoli stati, che vieti in maniera assoluta la vendita di armi al di fuori di ristrettissime ipotesi, comminando pesanti pene in caso di violazione del divieto. Costringere, cioè, i fabbricanti di armi a vendere esclusivamente il loro fatturato bellico agli Stati per le necessità dei rispettivi eserciti. Nello stesso tempo, sarebbe opportuno emanare l’embargo di merci ed armi nei confronti di territori e stati in cui si annida il terrorismo.
Per continuare nei provvedimenti, è indifferibile l’apertura di un corridoio legale, nei paesi africani in cui vige il sistema democratico, per un normale espatrio in altri stati di quei cittadini alla ricerca di lavoro. Intanto, il flusso migratorio clandestino si può limitare attraverso la presenza di una flotta militare internazionale nelle acque del Mediterraneo, in vicinanza delle coste africane. Eventuali barconi di migranti dovrebbero ricevere la solidale accoglienza umanitaria per un loro smistamento, attraverso un coordinamento ONU, nei diversi paesi in cui quegli sventurati aspirano ad ottenere asilo politico.
In sintesi, queste sono le proposte personali, espresse per grandi linee, che potrebbero essere valutate dai governi, italiano, europei, internazionali per un loro approfondimento.
È mia convinta asserzione che, da tutto quanto sopra indicato, alla nostra Sicilia potrà derivarne un positivo input per affrontare lo stato di emergenza attuale, relativamente ai due problemi accennati.
Per le altre urgenze siciliane – decollo economico ed occupazionale – penso ad una tavola rotonda dei partiti dell’area di sinistra attraverso la quale sarà possibile individuare, da subito, delle proposte; in primo luogo, la accennata richiesta di dichiarazione di zona franca, per poi passare ad altri progetti fattibili ed alternativi all’attuale azione del governo regionale in carica. Vado oltre: auspico che i partiti ed i movimenti incontratisi in “SottoSopra, la Sicilia di domani” prendano l’abbrivo per un unico cartello aggregativo strutturale, alternativo al governo della regione ma soprattutto riformista ed impegnato a garantire il rispetto dello Statuto Siciliano. Occorre lasciare i patriottismi ideologici e di nicchia per raccogliersi sotto l’unica bandiera del socialismo democraticamente rivoluzionario, i cui valori sono sempre attuali: oggi più di ieri.
GAETANO ZINGALES