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PSS – Partito Socialista Siciliano | Dai Fasci Siciliani dei lavoratori del 1893, la Sinistra della Sicilia – Partitu Sucialista Sicilianu | Page 8
Partito Socialista Siciliano (PSS)

Auguri di Natale con i Fasci Siciliani

Auguri di Natale con i Fasci Siciliani per il PSS.

Giovedì 19 dicembre alle ore 17,00, presso la Sala della Lapidi di Palazzo delle Aquile (ingresso in Piazza Pretoria n°1), si terrà una breve rievocazione storica dei Fasci Siciliani dei Lavoratori, in occasione del centoventesimo anniversario, che i socialisti siciliani celebreranno anche nel corso del 2014. Interverranno Antonio Matasso, Ignazio Coppola, Dino Paternostro, Salvatore Tripo, Franco Gioia e Turi Lombardo. Alla fine dell’incontro, ci sarà il tradizione scambio di auguri dei socialisti siciliani, in vista delle festività. Vi invitiamo a non mancare.

Per una nuova grande forza socialista

Foto del congresso del PSE svoltosi a Porto nel 2006.

I socialisti siciliani del PSS intervengono nel dibattito congressuale del PSI e propongono un patto federativo tra le forze socialiste.

Pubblichiamo il testo della Mozione n°2 al Congresso socialista, che candida segretario Franco Bartolomei ed è sostenuta dal Partito Socialista Siciliano. Per scaricare il documento congressuale, è sufficiente cliccare sul relativo link. Allo stesso modo, è possibile leggere il documento integrativo predisposto dai socialisti siciliani, dal titolo “Per un partito regionalista e federale, per una classe dirigente nuova e dinamica”, cliccando qui.

Intervista a Gaetano Zingales

Intervista a Gaetano Zingales, componente del coordinamento regionale del Partito Socialista Siciliano, andata in onda su Radio Cammarata Cefalù (frequenze FM 87,50 e 92,30 sulla costa tirrenica tra le province di Messina e Palermo, in streaming sul sito Internet) durante la trasmissione “Il giornale di Cefalù” del 27 ottobre, dedicata al convegno regionale del PSS svoltosi la scorsa Domenica a Lascari (PA).

Convegno regionale del PSS a Lascari

Il Circolo Socialista madonita del Partito Socialista Siciliano ha ospitato nella mattina di Domenica 20 ottobre, presso gli spazi socio-culturali “Ospedaletto” a Lascari (PA) in via Salinelle 33, un convegno regionale dedicato all’identità socialista ed al valore dell’impegno civile e politico nella storia passata del movimento operaio e contadino. Il simposio ha avuto come tema “Essere socialisti. La storia di ieri e l’impegno di oggi per rivalutare la questione siciliana”. I lavori sono stati prevalentemente incentrati sul ricordo dell’impegno politico e civile di alcune figure storiche del Partito Socialista. Antonio Matasso, docente universitario e presidente della Fondazione socialista antimafia “Carmelo Battaglia” ha tenuto una relazione sul presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, primo socialista eletto al Quirinale. Altri due interventi, di Luciano Luciani, presidente dell’Istituto regionale siciliano “Fernando Santi”, e di Francesco Dolce, ex vice sindaco di Cefalù, hanno contribuito a fare luce rispettivamente sull’attualità del pensiero politico di Fernando Santi ed il ruolo di Pietro Nenni nella storia del Partito Socialista Italiano. Presente anche il dirigente sindacale Franco Gioia, componente del comitato promotore del PSS. Ha concluso i lavori del convegno Antonio Matasso, in rappresentanza del coordinamento regionale del Partito Socialista Siciliano (PSS). Alla fine dei lavori, i presenti hanno anche approvato un testo dal titolo “Per un partito regionalista e federale, per una classe dirigente nuova e dinamica. Documento dei socialisti siciliani del PSS allegato alla mozione della Sinistra Socialista per il congresso del PSI”. Ha moderato gli interventi ed il dibattito Caterina Provenza.

Nasce il Circolo Socialista madonita

Epifanio Li Puma, eroe socialista delle Madonie, assassinato da vile mano mafiosa.

Si sono incontrati, presso la sede dell’Istituto regionale siciliano “Fernando Santi” di Cefalù, un gruppo di cittadini, facenti capo all’area socialista ed al movimento progressista per l’autonomia regionale siciliana.
I compagni hanno dibattuto circa le finalità del nuovo partito socialista e sicilianista, impegnato a portare avanti i principi fondanti del socialismo riformista europeo – giustizia sociale, libertà, democrazia e solidarietà – nonché i contenuti dello Statuto siciliano di autonomia. I presenti si sono soffermati, inoltre, sulla necessità di dare una svolta alla attuale politica amministrativa regionale finalizzandola all’aumento dell’occupazione ed alla ripresa economica dell’isola attraverso progettualità i cui contenuti devono scaturire dalle presenze territoriali, culturali ed artistiche, dalle necessità infrastrutturali, dalle peculiarità imprenditoriali e del turismo, soprattutto sociale, e da quelle altre che rappresentano la tipicità siciliana (artigianato, agricoltura, ambiente).
Dopo vari interventi dei convenuti, gli astanti hanno costituito il Circolo madonita del PSS, dandosi appuntamento alla successiva riunione del comprensorio delle Madonie in cui verranno eletti gli organismi preposti alla attività.

Riccardo Lombardi al Tg di Onda TV

Servizio dell’emittente regionale Onda TV (canale 85 del digitale terrestre, in tutta la Sicilia) dedicato al convegno del Partito Socialista Siciliano svoltosi sabato 17 agosto a Galati Mamertino (ME) su “Riccardo Lombardi, il riformista rivoluzionario”, andato in onda nel telegiornale del 19 agosto, a cui anno partecipato Angelo Morello, il regista cinematografico Vittorio Sindoni ed Antonio Matasso.

Riccardo Lombardi ad AM Notizie

Servizio dell’emittente regionale Antenna del Mediterraneo (canale 14 del digitale terrestre in provincia di Messina, 71 in Sicilia centrale ed occidentale, 111 nella Sicilia sud-orientale) dedicato al convegno del Partito Socialista Siciliano svoltosi sabato 17 agosto a Galati Mamertino (ME) su “Riccardo Lombardi, il riformista rivoluzionario”, andato in onda nel telegiornale del 19 agosto, a cui anno partecipato Angelo Morello, il regista cinematografico Vittorio Sindoni ed Antonio Matasso.

Perché c’è bisogno di socialismo

Socialismo: il sole dell’avvenire.

Riceviamo e pubblichiamo una riflessione del compagno Gaetano Zingales, presidente del Circolo socialista “Monti Nebrodi” e componente del coordinamento regionale del Partito Socialista Siciliano.

Il governo di centro-sinistra degli anni novanta – pur nelle difficoltà delle convergenze politiche – riusciva a rispondere alle esigenze della nazione: il tasso di disoccupazione rientrava nei limiti della sopportabilità, i servizi sociali, pur annaspando, riuscivano a svolgere un ruolo che la gente, tra i necessari mugugni, accettava e sopporta, la lira era quotata bene, l’Italia era tra le prime sette nazioni a livello mondiale, le famiglie vivevano dignitosamente.
L’annientamento dei partiti, che avevano restituito all’Italia la dignità di nazione libera e democratica, consegnò la gestione politica ed economica nelle mani di un governo di centro destra, che, nel volgere di qualche lustro, stravolse il modo di vivere delle persone comuni. Le aziende cominciarono a licenziare lavoratori, ma non si tirarono indietro neanche quelle a capitale pubblico pur di sanare i loro bilanci, l’avvento dell’euro diede la mazzata finale alle tasche della gente, i “furbi” (esercenti, commercianti, artigiani) con grande noncuranza, chiesero un euro (quasi il doppio della lira) per un prodotto o un lavoro che prima costava mille lire. La crescente disoccupazione e l’impennata del costo della vita avviarono l’Italia verso la crisi economica e sociale, tuttora in “auge”. La finanza nazionale, al seguito di quella internazionale, ritenne “doveroso” di accentuare la politica di difesa “criminogena” dei propri interessi condizionando pesantemente il costo del denaro e la politica economica del Paese. Il freno ai rinnovi contrattuali di categoria ed il blocco delle pensioni all’aggancio annuale della dinamica della scala mobile colpirono il ruolo dei sindacati confederali, i quali si sono trovati impotenti nella rivendicazione dei sacrosanti diritti dei lavoratori e degli ex lavoratori in nome degli editti della classe politica al timone, che predicava il contenimento dei salari e delle pensioni in nome della grave crisi economica e del debito pubblico. Ma nulla ha fatto, quella stessa dirigenza politica, di fronte allo scandalo delle pensioni d’oro per manager e boiardi dello Stato. I fenomeni tangentizi, di corruzione, di comportamento amorale e di allegro stile di vita da parte di alcuni personaggi delle istituzioni, conobbero il loro fertile brodo di coltura superando il livello di quelli scoperchiati dal cosiddetto periodo di “mani pulite”.
Una simile congèriedi pesante realtà e di comportamenti anomali ha condotto gli italiani alla disaffezione verso i partiti politici. Ne è una chiara prova la bassa percentuale di elettori che si recano al voto. A cui occorre aggiungere il cosiddetto voto di protesta in favore di neo-formazioni e movimenti politici.
Oggi, l’Italia è ancora in piena crisi economica e politica nonostante i decenni trascorsi in tale stato di fatto. La disoccupazione giovanile, e non, ha toccato i più elevati parametri dal dopoguerra in poi, le famiglie monoreddito non riescono a mettere insieme pane con companatico sino alla fine del mese, la povertà è entrata in molte case di italiani che prima avevano la fortuna di permettersi un dignitoso tenore di vita, i servizi socio-sanitari e quelli dell’ambiente, che realizzano la qualità della vita di ogni comunità, sono entrati nell’occhio del ciclone di ogni cittadino.
La Sicilia è tra le regioni che più pesantemente ha subito le conseguenze di una cattiva gestione della “cosa pubblica”, la quale si è abbattuta soprattutto sui giovani in cerca di lavoro. Non stiamo qui a rammentare le notizie dolorose che giornalmente la cronaca locale ci fornisce, che sono lo specchio di una pesantissima situazione di disagio sociale.
C’è un “grido di dolore” che viene dal basso e che invoca giustizia sociale, che chiede di lavorare nella propria terra, la qualcosa agevolerebbe tra l’altro la possibilità di formarsi una famiglia in età ragionevole e, soprattutto, eviterebbe il dolore di dovere emigrare, fuori dai confini della nazione siciliana, divenendo un emarginato in una regione del nord, se non in terra straniera. Non ritengo una forzatura o un termine inappropriato nel definire la Sicilia una nazione sia per la sua millenaria storia, che tale l’ha tipizzata, sia perché dotata di uno Statuto, che, se interamente applicato e rispettato, potrebbe favorire una gestione autonoma delle proprie risorse e di quelle di provenienza statale ed europea. Ma così, purtroppo, non è.
Ritengo, quindi, una felice intuizione quella di ridar vita alla formazione del Partito Socialista Siciliano, che, nelle sue finalità, vuole sposare i valori del socialismo – quelli appunto della giustizia sociale, della solidarietà, del lavoro, dell’uguaglianza – a quegli altri insiti nei movimenti e partiti indipendentistici per la piena applicazione dello Statuto Siciliano. Fare cioè gli interessi dei siciliani magari scontrandosi con il potere centrale. Un compito arduo senz’altro che, a tratti, collide con il coinvolgimento di coloro che coltivano un proprio orticello sognando di gestire una qualche forma di potere. Ma occorre convincersi che è primaria un’azione comune in difesa del bistrattato popolo siciliano. Ogni orgoglio di bandiera deve incontrarsi con i valori del socialismo calati nella terra di Sicilia.
Il progetto del Partito Socialista Siciliano, che uscirà dal futuro Congresso Regionale, dovrà comprendere – a mio modesto parere – l’incontro con le forze autenticamente autonomistiche e con le varie anime locali, nelle loro multiformi declinazioni, che si richiamano all’ideologia socialista. Ritengo, pertanto, che sia opportuno, a tempo debito, promuovere una convention dei soggetti politici summenzionati, dalla quale possa uscire una volontà unitaria di lottare per la Sicilia ed i siciliani con l’adozione di una piattaforma programmatica da realizzare nel breve e medio tempo. Non vanno esclusi, però, il dialogo e la convergenza su temi specifici attinenti agli interessi dell’isola con quei partiti politici disponibili a recepire le istanze autonomistiche e delle rivendicazioni socio-economiche della neo formazione partitica siciliana.
Mi piace concludere questa nota riportando il passaggio contenuto in una recensione di Teresa d’Aniello al saggio, “Diversamente ricchi”, del giornalista economico Carlo Patrignani, riferito al pensiero di un grande socialista siciliano: Riccardo Lombardi. Il quale descriveva una società laica dal volto umano con al centro la persona, la vita e il suo benessere, »una società fondata sul rapporto interumano e non sulla dimensione economica, rispetto al sistema capitalistico volto alla produzione e consumo di beni a forte profitto. Un modello che mirasse alla produzione di beni durevoli e al lavoro per tutti, alla piena occupazione, costruendo un sistema produttivo diverso in cui il lavoro venisse ripartito equamente fra tutta la popolazione. Una nuova concezione di progresso e di crescita».
È quello di cui hanno necessità la Sicilia ed i siciliani.
Per tutto quanto sopra scritto, si sente l’esigenza, da più parti invocata, di tornare ai principi del Socialismo Internazionale, libertario, autenticamente democratico, riformista e che persegue l’eguaglianza nella società dei poveri, dei meno poveri e dei ricchi. Principi, a volte razzolati dal maggiore partito italiano della sinistra, il PD, ma non praticati!

GAETANO ZINGALES

Il PSS ricorda Riccardo Lombardi

Riccardo Lombardi, leader della sinistra socialista.

Si è svolto sabato 17 agosto presso la Sala consiliare “Salvatore Carnevale” di Galati Mamertino, in provincia di Messina il convegno regionale organizzato dal Partito Socialista Siciliano su Riccardo Lombardi, leader storico della sinistra socialista, già segretario del Partito d’Azione e ministro per il Psi. Sono intervenuti Antonio Matasso, docente universitario e presidente della Fondazione socialista antimafia “Carmelo Battaglia”. Durante i lavori sono stati presentati due saggi del giornalista Carlo Patrignani, dal titolo “Lombardi e il fenicottero” e “Diversamente ricchi”, dedicati al compianto esponente socialista, nato a Regalbuto, in provincia di Enna, il 16 agosto 1901. In apertura è stato proiettato anche un videomessaggio di Valdo Spini, presidente della Fondazione Circolo Rosselli, già vice segretario del Psi e ministro. Nel dibattito è intervenuto anche il regista cinematografico Vittorio Sindoni, il quale ha ricordato, su invito di Antonio Matasso e con accenni accorati, la sua frequentazione con Riccardo Lombardi, da lui conosciuto poco tempo dopo il suo trasferimento a Roma. Alla fine del convegno, lo stesso Matasso, dopo una dettagliata ricostruzione della prassi e del pensiero lombardiani, ha dato appuntamento ad ottobre per la consegna del premio intitolato al sindacalista socialista galatese Salvatore Carnevale, promosso dalla Fondazione socialista antimafia “Carmelo Battaglia”.

Damnatio memoriae su Fantina

Il luogo dell’eccidio a Fantina

Riceviamo e pubblichiamo un altro articolo del compagno Ignazio Coppola, componente del Comitato promotore del Partito Socialista Siciliano, dedicato ad un’altra pagina poco nota della storia post-unitaria: l’eccidio di Fantina, avvenuto nell’agosto del 1862 nel piccolo borgo del comune di Fondachelli-Fantina, in provincia di Messina.

Fra le tante verità negate dalla storiografia ufficiale del risorgimento in Sicilia ossia, gli eccidi, nell’agosto del 1860, di Bronte, di Biancavilla e dei paesi del circondario etneo ad opera del generale garibaldino Nino Bixio ed ancora la rivoluzione repressa nel sangue di Alcara Li Fusi, nel maggio dello stesso anno, ad opera di un altro generale garibaldino Giovanni Interdonato e di cui troviamo traccia nel libro di Vincenzo Consolo “Il sorriso dell’ignoto marinaio” e le successive rivolte anch’esse annegate nel sangue dal generale Pietro Quintino a Castellammare del Golfo il 3 gennaio del 1862 (rivolta dei cutrara) e poi ancora quella di Palermo del settembre del 1866 detta del sette e mezzo (durò infatti 7 giorni e mezzo) in cui, in una Sicilia tenuta, di volta in volta, in perenne stato d’assedio sino alla rivolta dei fasci siciliani, furono massacrati migliaia e migliaia di palermitani dalle truppe piemontesi del generale Raffaele Cadorna, ve n’è una passata anch’essa nel dimenticatoio della storia del nostro risorgimento che va sotto il nome di eccidio di Fantina.Un eccidio che la dice tutta sui barbari e sanguinari metodi, di chiara impronta nazista, dell’esercito italo- piemontese e che ebbe luogo appunto a Fantina nell’agosto 1862 in concomitanza ai fatti di Aspromonte che, come tutti sanno, si conclusero con il ferimento di Garibaldi ad opera dei bersaglieri del generale Pallavicini che aveva avuto, dal re galantuomo Vittorio Emanuele II° l’ordine perentorio di fermare a tutti i costi, anche al prezzo di un bagno di sangue, l’avanzata dei garibaldini che si avviavano verso la città eterna al grido di “Roma o morte”. Una scarica di fucileria alle pendici dell’Aspromonte, richiamò all’ordine sabaudo i bollenti spiriti degli illusi garibaldini e ne fermò l’avanzata. Ed è da quel momento l’esercito regio apre una vera e propria caccia ai garibaldini perpetrando nei loro confronti arresti , repressioni e deportazioni. Quasi duemila volontari, per lo più ,siciliani e meridionali, vengono arrestati ed assieme a diversi militari che avevano abbandonato i loro reparti per unirsi a Garibaldi vengono deportati e rinchiusi nelle fortezze dell’antico regno sabaudo tra le quali la più triste e nota era quella di Fenestrelle nell’Alta Savoia a più di 2mila metri dall’altezza e da cui per la rigidità del clima e per il barbaro stato di detenzione era difficile uscirne vivi.Ed è in questo contesto della caccia spietata ai garibaldini dopo i fatti Aspromonte che avvenne appunto l’ignobile eccidio di Fantina ad opera del 47° reggimento di fanteria sabaudo agli ordini del maggiore Giuseppe De Villalta nei confronti di una colonna di garibaldini guidata dal palermitano Carlo Trasselli, il quale, dopo aver inutilmente cercato di raggiungere Garibaldi in Calabria , saputo l’infelice esito dell’impresa , rassegnato si accingeva a raggiungere Novara di Sicilia per consegnare le armi al sindaco di quel paese. Nella marcia di avvicinamento a Novara la colonna si disperse ed una parte di essa esausta si fermò a riposare, trovando rifugio nelle case e nella chiesetta di Fantina.un piccolo centro della provincia di Messina. E la notte tra il 2 e 3 settembre che i fuggiaschi furono circondati e sorpresi nel sonno dai piemontesi. Circondati si arresero e quando furono tutti in piedi il comandante sabaudo maggiore Giuseppe De Villalta si fece loro incontro dicendo: «Volontari se in mezzo a voi si celano dei disertori si facciano avanti. Il re li perdona e li lascerà immediatamente raggiungere i loro corpi».Illusi dalle promesse di quell’uomo senza dignità e senza alcun onore si fecero avanti in sette e immediatamente circondati e messi in disparte furono richiesti del nome e del corpo d’appartenenza da cui avevano disertato. Fu a quel punto che la Jena, calpestando il codice d’onore e ogni elementare norma d’umanità rivelò il suo ignobile volto e rivolgendosi a quei poveretti, che si erano illusi delle sue convincenti promesse, così si pronunciò: «Soldati voi siete spergiuri verso la patria e il re. In nome della legge militare vigente, voi siete condannati alla pena di morte da eseguirsi all’istante. Disertori, vi concedo dieci minuti da dedicare alla preghiera».Inutili furono le proteste di quei poveri sventurati che alla fine chiesero, prima di essere fucilati, di potere scrivere due righe come ultimo pensiero ai propri cari e soprattutto, Costante Bianchi il più giovane dei sette, appena diciottenne, che implorò sino alla fine, rivolto al plotone che stava per fucilarlo, di poter lasciare un ultimo messaggio di saluto alla amata madre «Soldati – disse per l’ultima volta il giovane – il voto dei morenti è sacro. Se avete una madre che amate anche voi, lasciate che io scriva una parola alla mia».Fu tutto inutile: Giuseppe De Villalta, vile iena assetata di sangue, fu irremovibile rispondendo così alla supplichevoli richieste dei condannati a morte: «Siete solo briganti e non meritate altro che piombo nello stomaco». Al terzo rullo di tamburo una scarica di fucileria pose fine alla vita di quelle giovani vittime. I corpi di quei sette martiri: Giovanni Balestra,Costante Bianchi, Giovanni Botteri, Giovanni Cerretti, Ulisse Grazioli, Barnaba della Momma e Giovanni Panieri, furono sepolti sotto il sagrato della chiesa di Fantina e sono ricordati da una lapide commemorativa collocata sulla facciata della chiesa. Nel settembre del 2000 infine nel luogo dell’eccidio è stato eretto un cippo con i loro nomi a perenne ricordo di quell’atto di viltà e di barbarie: Quegli atti di viltà e di barbarie che i piemontesi, all’alba dell’Unità d’Italia, perpetrarono con massacri e stragi a danno delle popolazioni meridionali nel nome del Re galantuomo il quale, per l’inaudito eccidio di Fantina, non si risparmiò di dispensare promozioni (De Villanata da maggiore fu promosso colonnello) e riconoscimenti ai disumani e crudeli protagonisti di quell’atto infame e negazione di ogni umana pietà . Dall’eccidio di Fantina riuscì a salvarsi per miracolo colui che diverrà poi un’icona dell’anarchismo e tra i fondatori del socialismo italiano Amilcare Cipriani, il quale in seguito eletto deputato nel partito socialista non occupò mai il suo seggio per non prestare giuramento al re. Cipriani disertore due volte nella spedizione dei mille prima ed in quella d’Aspromonte poi e che in quel frangente faceva parte della colonna Trasselli, assistette impotente alla barbara esecuzione dei suoi compagni dall’alto di una collina. Qualche anno più avanti Pietro Castagna un altro garibaldino sopravvissuto a quell’eccidio da testimone ricostruì, per conto del giornale di Brescia “Il fascio della democrazia”, con puntualità tutti i terribili particolari di quella drammatica giornata. E ancora più di recente infine, il giornalista Antonio Ghirelli da poco scomparso a quell’avvenimento ha dedicato nel 1986 edito da Sellerio un saggio dal titolo “L’eccidio di Fantina”. Per il resto di questo infame atto di viltà compiuto dall’esercito piemontese non vi è la minima traccia obliato nei partigiani resoconti della storiografia ufficiale e scolastica. La damnatio memoriae ha colpito ancora.

IGNAZIO COPPOLA

 

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